Impariamo dal cinema: 3 film per capire cos’è la leadership

Impariamo dal cinema: 3 film per capire cos'è la leadership

Io volevo soltanto guardarmi un film, e invece…

A volte gli insegnamenti più efficaci ci vengono trasmessi in modi e in situazioni impensabili.

A me, ad esempio, capita spesso di trovare la perfetta rappresentazione di un principio, concetto o meccanismo all’interno di un film, piuttosto che tra le pagine di un libro.

L’ultima volta in cui questo è accaduto risale a ieri sera, ovvero quando, comodamente spaparanzato sul divano di casa mia, ho visto per la 3° volta in pochi mesi lo stesso film.

È stato solo al termine di questa ennesima visione che ho capito cos’è che mi affascina veramente di quella pellicola: il modo in cui in essa vengono rappresentati la leadership e la figura del leader. Un modo, a mio parere, pressoché totale.

Profittando di questo singolare episodio e dell’epifania ad esso legata, permettetemi di condividere con voi la mia visione della leadership, andando ad analizzare non 1, ma ben 3 titoli cinematografici che su di essa fondando la loro ossatura.

L’attimo fuggente

L'attimo fuggente

Quasi mi imbarazza il citare un capolavoro come L’attimo fuggente, già sviscerato in tutte le sue parti da gente molto più preparata di me. Ma come potrei non considerarlo?

“L’attmo fuggente” è forse il primo film in cui abbia mai visto il concetto di leadership emergere prepotentemente, con quel “O Capitano, mio Capitano!” che ancora oggi riecheggia nella mia testa.

Il professor John Keating, interpretato da Robin Williams, e il suo modo di approcciare agli studenti sono un esempio di come, valorizzando le passioni e le attitudini di ognuno, si possa tirare fuori il meglio da un gruppo.  Perché è solo attraverso la realizzazione del singolo individuo che si può arrivare al conseguimento di un grande successo collettivo.

E questo il professor Keating lo sa e lo applica talmente bene da riuscire a fare innamorare di sé (in senso lato, ovviamente) i suoi studenti, i quali lo seguiranno fino all’ultimo.

I love Radio Rock

I love Radio Rock

I love Radio Rock è, a mio parere, un altro di quei film in cui la figura del leader appare oltremodo chiara e che qui viene incarnata da “Il Conte”, personaggio interpretato da Philip S. Hoffman.

Ciò che mi ha più colpito de “Il Conte” è il rapporto che ha con il resto dell’equipaggio, il quale è di assoluta parità. Perché “Il Conte” è sì il capo dei DJ di Radio Rock, ma, in quanto persona carismatica e stimata, non ha mai bisogno di imporre il suo ruolo.

“Il Conte” è il classico leader “cazzone”, ovvero quel tipo di guida che non si fa problemi a mettere le mani dove le mettono tutti gli altri, anche quando si tratta di infilarle nella merda.

Uomo tra gli uomini, “Il Conte” ama ciò che fa e sa che chi si è imbarcato con lui prova il medesimo amore. Un sentimento, questo, del quale ha profondo rispetto e che lo porta a preoccuparsi prima dei suoi ragazzi e poi di sé stesso.

Perché un vero leader sa di non essere l’unico protagonista della storia che sta scrivendo.

Fury

Fury

Veniamo, ora, al film che ho visto ieri sera: Fury, di David Ayer. Una pellicola che mi ero già goduto al cinema per ben 2 volte, ma che ho voluto ulteriormente approfondire.

Don “Wardaddy” Collier, interpretato da Brad Pitt, è il prototipo del leader lucido, concentrato e, talvolta, anche stronzo, ma che è forte delle sue scelte e delle sue indicazioni perché esse sono sempre il frutto di un’attenta valutazione, la quale prende in considerazione ogni minimo dettaglio e aspetto: da quello meramente strategico a quello umano.

Ecco quindi che la corretta lettura di ogni situazione e la scelta della comunicazione diventano i suoi strumenti del mestiere più importanti. Tanto nell’azione, quanto nel dialogo con i propri compagni, “Wardaddy” esamina, valuta e solo alla fine agisce. Cosa che lo rende un personaggio rispettato e oltremodo intelligente, in quanto capace di modellare il suo comportamento e le sue scelte in base alle esigenze e al contesto che gli si presenta.

E se è vero come è vero che il Capitano è l’ultimo ad abbandonare la nave (schettiniane memorie a parte), “Wardaddy” incarna perfettamente lo spirito di sacrificio che anima il vero leader.

Perché un leader, oltre a saper leggere le situazioni e a sapersi modellare in base ad esse, deve anche lottare fino in fondo per ciò in cui crede. Fosse anche l’ultimo a farlo.

La leadership non è un dono, ma la si guadagna

C’è un’ultima caratteristica che non ho affrontato e che mi sento però di mettere in luce:

Un leader non smette mai di ascoltare, né di imparare. Mai. E i primi che deve ascoltare e dai quali deve imparare sono proprio quelli che è stato chiamato a guidare.

Ecco, penso che alla base di tutti gli aspetti che ho elencato ce ne debba essere uno: l’umiltà. Perché senza umilità non si può crescere. E senza crescita non c’è futuro. In nessuna occasione.

Quindi, se veramente volete diventare leader, dovete innanzitutto inginocchiarvi e prestare orecchio. Un po’ come fanno le maestre dell’asilo con i bambini. Mettetevi alla stessa altezza di chi è deputato a seguirvi e guardatelo negli occhi. Perché, per quanto in alto possiate mai arrivare, la terra sulla quale poggerete i piedi sarà sempre la stessa.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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3 risposte

  1. MonicaDalePozzi ha detto:

    Complimenti…Attendevo questo pezzo dopo il tuo annuncio su Twitter. E davvero ne è valsa la pena. Un’attenta analisi dei film(il secondo non lo conoscevo e lo cercherò) e non solo. Dunque grazie, e in particolare voglio ringraziarti per aver introdotto un termine non così spesso usato e “agito” nei social: l’umiltà. Grazie Simone.

    • Simone Bennati ha detto:

      Cara @monicadalepozzi:disqus, devi assolutamente vedere “I love Radio Rock”! E non solo per l’aspetto della leadership, che comunque non è quello in primo piano, ma perché è un film estremamente piacevole e chi ama il “vero” rock non può assolutamente perderlo 🙂

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