Da dipendente a impresa: 5 domande per Giuseppe Barbagallo

Da dipendente a impresa - 5 domande per Giuseppe Barbagallo

Da oscuro bassista a one man band

Quello di mettersi in proprio è un desiderio che accomuna un gran numero di lavoratori.

Il problema è che non è affatto semplice rinunciare agli agi e alle garanzie del “posto fisso” e, spesso e volentieri, l’incertezza e il timore finiscono con l’avere la meglio sul desiderio di indipendenza professionale.

Eppure, nonostante i rischi, qualcuno che decide di dare una svolta alla propria vita e si converte al libero pofessionismo c’è…

Giuseppe Barbagallo di Good Working è uno di questi “superuomini” e oggi è qui per condividere con me e con voi il racconto della sua avventura imprenditoriale.

Ciao, mamma, guarda come mi reinvento [semi cit.]

Ciao, mi chiamo Giuseppe, ho 32 anni e…

Sono di Vasto, una splendida cittadina sulla costa adriatica. Dopo aver conseguito una Laurea in Economia Internazionale ed essermi inserito nel mondo del lavoro, ho deciso di rinunciare ad un contratto a tempo indeterminato per inseguire un sogno, quello di aprire un’azienda tutta mia.

Così ho dato vita a Good Working, una Co-working Web Agency che, sviluppandosi totalmente in Rete, riesce a riunire professionisti sparsi in tutto il territorio, nonché ad offrire un ampio ventaglio di servizi Web (Digital Strategy, SEO Optimization, Online Advertising, etc.).

Come detto poc’anzi, l’idea di mettersi in proprio, specie nell’ambito del Digital, solletica molti, compreso il sottoscritto. A te com’è venuto in mente? Cosa ti ha spinto a “fare il salto”?

Arrivato ad un certo punto, ho finalmente acquisito la piena consapevolezza di quelle che erano le mie reali capacità e competenze. Questo, unito alla voglia di crescere professionalmente e a quella di muovermi in totale autonomia, ha fatto sì che prendessi la mia decisione.

Inoltre, come accennato prima, sono abruzzese, quindi molto testardo. Di quella testardaggine che ti spinge a raggiungere sempre e comunque i tuoi obiettivi. Costi quel che costi.

Sono dell’idea che il Web, se affrontato con le giuste competenze, possa offrire molto. L’importante è porsi con la dovuta umiltà, alzando la mano ogniqualvolta si ha bisogno di aiuto, confrontandosi con gli altri e condividendo il proprio know-how.

Condividere le proprie conoscenze ed esperienze, in particolare, fa bene a tutti: a te, perché ti dà modo di ricevere i feedback di cui hai bisogno e migliorare, quindi, il tuo background, ed agli altri, perché condividendo arricchisci il bagaglio culturare del prossimo.

Dare vita ad un’attività richiede di muoversi su vari fronti, tra i quali quello burocratico. A tale proposito, è stato semplice avviare Good Working oppure, tra iscrizioni, registrazioni e quant’altro, ti hanno fatto vedere i cosiddetti “sorci verdi”?

All’inizio non è stato facile capire cosa fare e come. Quindi, dopo essermi documentato in giro per la Rete, ho deciso di affidarmi ad un professionista, la Dott.ssa Antonella De Santis.

Grazie alla sua competenza in materia di fiscalità e Web, sono riuscito a svolgere agilmente tutte le pratiche necessarie, nonché a portare a termine con successo l’acquisto in Rete di beni e servizi di cui ho avuto di volta in volta bisogno (temi per WordPress, plugin, etc.).

Hai detto che Good Working è una Co-Working Web Agency e che quindi si avvale di numerose professionalità sparse su tutto il territorio. Quali strumenti hai utilizzato per entrare in contatto con queste persone e su quali parametri hai basato le tue valutazioni?

Da questo punto di vista, i Social Network hanno svolto un ruolo fondamentale.

A volte è bastato un confronto diretto, “una chiacchierata”, magari nata in merito ad una specifica problematica. Altre, invece, c’è voluto un po’ più di tempo e uno scambio più intenso.

Non sono nessuno per poter giudicare un altro professionista, ma l’obiettivo mio e di Good Working è quello di dare al cliente un prodotto/servizio di qualità. Quindi il vaglio è necessario.

Sono convinto che, se si desidera accrescere l’autorevolezza del proprio brand, sia necessario impegnarsi al massimo delle proprie capacità ed offrire la necessaria trasparenza.

Serietà, qualità, cura del dettaglio e sudore. Questi i valori che cerco di trasmettere a coloro che decidono di collaborare con me. Perché solo così si possono raggiungere i propri obiettivi.

Dal punto di vista economico, la fase di avvio di Good Working si è dimostrata sostenibile oppure hai dovuto stringere i denti (e la cinghia) più di quanto avessi messo in conto?

Premesso che senza una base economica sarebbe stato impossibile partire, il bello del Web è che non servono grandi quantità di capitale per cominciare a lavorare.

Io sono dell’idea che una parte degli introiti vada sempre destinata agli investimenti. E con “investimenti” intendo corsi di formazione, tool, campagne pubblicitarie e così via.

Il Web, essendo uno strumento in continua evoluzione, non ammette ignoranza. È quindi fondamentale rimanere aggiornati, scoprire, essere curiosi ed avere sempre fame di sapere.

Nel mio caso specifico, poi, ho rinunciato alla metropoli (Roma) e scelto di vivere in una città dove il costo della vita è decisamente più basso. Strumenti come Skype e l’email permettono di rimanere in contatto con clienti e collaboratori a tutte le ore del giorno e della notte.

D’altronde, si sa, il vantaggio di lavorare per il Web è che puoi farlo da ovunque ti trovi, basta avere un PC ed una connessione Internet. Quindi perché complicarsi la vita?

Libera il libero professionista che è in te!

Se fossi uno di quelli bravi, chiuderei questa intervista scrivendo qualcosa come: “WOW! Quella di Giuseppe è una storia pazzesca, ragazzi! È incredibile quello che è riuscito a fare! #TOP!”.

E invece no, non lo farò. E non lo farò perché, da un lato, i toni da Disc Jokey anni ’80 non mi appartengono, mentre dall’altro vorrei far passare quello che è il vero messaggio della sua storia, ovvero che, così come recita un noto adagio, “volere è potere”.

Sì, perché Giuseppe non è un supereroe, ma solo un ragazzo di 32 anni che ha dato fondo alla sua abilità e alle sue competenze per mettersi finalmente in gioco.

Complimenti, quindi, a lui per essere diventato il “one man band” che è oggi e che molti, compreso il sottoscritto, sognano di diventare.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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