Italiani e Social Media: esiste una cultura della condivisione in Italia?

Esiste una cultura della condivisione in Italia?

Il senso di soddisfazione come benzina

Ogni volta che sto per pubblicare un nuovo articolo, sono solito pormi un’ovvia domanda: “Piacerà ai lettori? E, se piacerà, verrà anche condiviso come spero?”

Inutile negarlo: quando si creano contenuti per il web, il fatto di vederli condivisi dal pubblico a cui sono destinati rappresenta, forse, il picco massimo di soddisfazione.

In un contesto in cui vige la regola del più visto e dove, a prescindere dall’effettiva qualità di un progetto, sono i numeri a decidere chi vince e chi perde, ad avere il coltello dalla parte del manico è indiscutibilmente lui: l’amato/odiato utente finale.

Partendo da questi presupposti, vorrei condividere con voi il mio punto di vista in merito al rapporto che l’utente italiano medio ha con il concetto di condivisione.

Italiani brava gente, ma…

Come dice la combinazione stessa, l’utente italiano è 2 cose: utente e italiano.

Se da un lato possiamo evitare di soffermarci sulla condizione di utente, la quale è del tutto ovvia e di facile inquadramento, dall’altro il fatto di essere italiano implica un insieme di caratteristiche che, a mio parere, meritano di essere approfondite.

Tutto nasce dal fatto che, stando a quanto ho potuto osservare, l’utente italiano ha il grande pregio (?) di riportare sui Social tutta la sua italianità, la quale si manifesta, ad esempio, attraverso una radicata e pressoché totale indifferenza verso tutto ciò che non gli appartiene o da cui non trae profitto.

Volendo utilizzare una formula a me particolarmente cara, potrei dire che, anche a livello Social, l’utente medio italiano guarda solo al proprio orticello, ignorando, ad esempio, la possibilità di farsi portatore d’informazione a beneficio del prossimo.

In pratica, ciò che l’utente italiano medio fa ogni volta che apre Facebook o Twitter, è utilizzare tali strumenti solo per acquisire le informazioni a lui utili, senza considerare la possibilità di condividerle con altri. Per la serie: “Io quello che avevo bisogno di sapere l’ho saputo e mi è tornato anche utile. Gli altri si arrangino!”.

Un comportamento, questo, che personalmente trovo molto italiano e che definisce il livello di cultura della condivisione presente nel nostro Paese. Forse anche offline.

Uno share è meglio di un complimento

Io sui Social ci passo quasi tutta la giornata, cosa che mi dà modo di osservare sia il comportamento delle masse, sia quello di coloro con cui sono in stretto contatto.

Tra tutte, forse la cosa che mi fa più sorridere è il fatto che, guardando a coloro che apprezzano i miei scritti, molti trovano più naturale inviarmi un messaggio privato di complimenti, piuttosto che condividere su Facebook quanto hanno appena letto.

Un modo di fare che trovo umanamente fantastico, ma che non contribuisce in alcun modo alla diffusione dei contenuti, e quindi alla visibilità del progetto.

Premesso che sono comunque grato a tutti, la domanda che vorrei rivolgere a queste persone è: “Se una cosa ti è piaciuta così tanto da spingerti a contattarmi in privato, come ha fatto a non venirti in mente l’idea di condividerla con la tua rete?”.

Forse tipi come Bauman o Freud avrebbero potuto fornire una spiegazione logica adeguatamente approfondita, ma mi sa che ormai è un po’ tardi per chiedergliela.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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14 risposte

  1. PieraPi ha detto:

    Sono una blogger anche io e la domanda “il mio post circolerà?” me la chiedo molto spesso. Molto più spesso della domanda “quando la prendo ‘sta laurea?”. Se non altro, da quando mi sono spostata su Tumblr perché composto da utenti che costituiscono il target a cui principalmente mi rivolgo, ho notato che i miei post vanno in giro un po’ di più (si parla sempre di numeri minimi, ma ogni singolo reblog è per me un successo).

    P.S. questo post l’ho condiviso su Twitter! 😀

    • bennaker ha detto:

      Ciao Pierapi,
      conosco Tumblr perché l’ho utilizzato in un paio di occasioni, ma alla fine mi sono sempre trovato meglio dal punto di vista tecnico su piattaforme che potessi gestire in totale autonomia, previo l’acquisto di un dominio, ovviamente. Ciò non toglie che, se quello a cui si punta è un minimo di visibilità, reputo l’inserirsi all’interno di una piattaforma già avviata e avente una community tutta sua, una scelta più che azzeccata. Io aprii il mio primo blog internamente ad una community chiamata giovani.it (ancora esiste) ed è lì che mi sono fatto le ossa. Ho conosciuto un sacco di bella gente e alcuni di essi, arrivati come lettori, ad oggi sono veri e propri amici. Segno che se hai qualcosa da dire, fai bene a dirla 🙂

  2. Massimo ha detto:

    Articolo carino e con buoni spunti..interessanti anche i commenti che da una parte all’altra hanno arricchito il tutto
    Condiviso sul Linkedin!

    saluti
    Massimo

    • bennaker ha detto:

      Ciao Massimo,
      sono contento che tu abbia apprezzato il post, nonché i commenti da esso scaturiti. Ti ringrazio dunque per aver dedicato parte del tuo tempo alla lettura di esso, ma ti ringrazio ancor più per averlo condiviso 🙂

      Un saluto a te,
      Simone

  3. Magicoflute Oh ha detto:

    Condivido a tal punto il tuo pensiero da aggiungere il blog https://bennaker.com nel feed per la condivisione automatica su Twitter https://twitter.com/thepyramidcafe 🙂

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @magicofluteoh:disqus,
      sono lieto di sapere che ci troviamo sulla stessa linea di pensiero 🙂 Tra l’altro, se noto il “gap comportamentale” di cui parlo nel post, è anche grazie agli anni che ho passato su Second Life. E’ all’interno metaverso, infatti, che ho avuto modo di confrontarmi con personaggi provenienti da ogni angolo del mondo e di trovare sovente in loro uno spirito di condivisione che, ahimè, gli italiani raramente dimostravano di possedere. Mi auguro che da questo punto di vista riusciremo anche noi, un giorno, ad allinearci.

      Sono onorato della possibilità che mi stai offrendo e spero di continuare a produrre post interessanti per te e per la comunità del Pyramid Cafè.

      Un saluto e ancora grazie!

  4. Seo-Pigro ha detto:

    Mi pare onestissimo l’annatevelaapjànder… in certi casi e credo che imparerò anche io…come “dingo” l’anno mi sfogo! XD

    Io mi sono reso conto invece da quando bazzico gli ambienti social, che a volte prima per esempio di RICONDIVIDERE dalla fonte (che poi s’è fatta il mazzo per darti delle notizie utili) addirittura si estrapolano citazioni, frasi a parte, con si ricondivide (dai grossi e coloratissimi bottoni appositi) ma si copia e incolla l’url del pezzo sulla timeline senza nemmeno avvertire il poveraccio che magari vorrebbe anche ringraziare. E non lo metti nemmeno nei commenti!

    Mi pare come una sorta di appropriazione cavolo, e mi da un nervoso che vorrei rispondere male in pubblico. Non è per il +1 alla condivisione (che poi mi arriva uguale con plugin decenti), ma perchè io non lo so.

    Cavolo, mi sbatto, ti regalo (si perchè è a gratisse) un contenuto che può essere utile, non sono li per guadagnarci nemmeno magari e poi che scopro? Cioè, una mention becera no eh!

    Magari vorrei ringraziare, magari vorrei provare a seguirti, magari mi farebbe piacere. E invece no, come dico io…bananette fritte.
    Ovviamente tipico in italia…anche altrove ma noi vinciamo a mani basse.

    Portiamo pazienza, in fondo siamo bravi noi, e certi problemi alla fin fine c’arimbarzano XD

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @seopigro:disqus,
      te lo dico sa subito: io sono uno di quelli che prendono la URL e la incollano dove serve, ma solo in un caso: quando voglio condividere su Twitter. E faccio pure bene. Ti spiego perché…

      Saprai meglio di me che l’impatto dei tweet contenenti un’immagine rispetto a quelli che non la incorporano è nettamente superiore. Analisi che scandagliai mesi fa affermavano che i tweet contenenti immagini ottengono mediamente il 150% in più di retweet che ottengono quelli privi di immagini.

      Sapendo questo, quando voglio condividere un post su Twitter, non posso utilizzare i tasti di condivisione che tutti conosciamo, perché quello di Twitter non permette (almeno per ora) di allegare l’immagine al tweet. Ne consegue che, se mi decidessi ad utilizzarlo, l’impatto del tweet sui miei follower non potrebbe godere dei vantaggi offerti dalla presenza dell’immagine.

      Quindi non mi rimane che copia-incollare la URL, salvarmi la foto del post, e inglobarla e caricarla manualmente all’interno di un nuovo tweet. Non dimenticando, ovviamente, di inserire il titolo del post e il tag riferimento alla fonte.

      Alla fine, insomma, tutto il lavoro che faccio è pro-post e quindi pro-autore. Ripeto: il problema si presenta solo su Twitter. Sugli altri social maggiori, ovvero Facebook, Google+ e LinkedIn, i tasti di condivisione includono già per loro natura un’immagine, quindi non ho bisogno di fare tutto questo giro.

      Il contatore non aumenterà, ma mi sembra un buon prezzo da pagare. Non credi? 🙂

      In generale, come dicevo nel commento al tuo post, noi italiani “guardiamo al nostro orticello”. E se possiamo portare ad esso visibilità “rubacchiando” qua e là pezzi di contenuti, non ci facciamo problemi a farlo.

      Sono fiducioso sul fatto che, finché utenti come me, come te e come tanti altri continueranno a fare le loro condivisioni onestamente, dando il giusto peso alle fonti, alla fine il fenomeno dello sciacallaggio verrà debellato e forse potremo sperare in un “regime del rispetto” ben più consistente per tutti.

      Grazie per essere passato di qui!

  5. Roberto Palumbo ha detto:

    Condivido ciò che hai scritto: l’italiano medio non è collaborativo (è una delle ragioni per cui l’attività di network marketer risulta difficile, spesso depressiva e sfibrante); per quel che mi riguardi, sto trovandomi, rispetto alle precedenti esperienze su Facebook, molto meglio su Google+ o Pinterest, non perché gli utenti vi si rivelino necessariamente più educati, ma perché già solo il fatto di non doverli ipocritamente definire “amici” non m’induce ad attaccarmici quanto altrove (in verità, anche gli “amici” di Facebook li ho generalmente considerati “contatti”). Più che dispiacermi o farmi arrabbiare, comunque, alcuni comportamenti mi suscitano pena: qualche giorno fa, ad esempio, ho scoperto che una notissima esperta di social media (che ho sempre citato e della quale ho condiviso/repinnato diversi contenuti), mi ha decerchiato senza apparente motivo: non ho fatto altrettanto perché riconosco mi possa essere utile continuare a seguirla, ma certamente sarò meno propenso di prima a condividere ciò che scriva.
    Purtroppo, l’egocentrismo e l’opportunismo possono tramutarsi perfino in masochismo: ultimamente, ho scoperto un mio upliner non avesse cerchiato la pagina attraverso cui pubblicizzo i prodotti che entrambi, ovviamente, distribuiamo e l’opportunità commerciale (io sì la sua!), ma utilizzasse i miei testi sulla sua pagina: in pratica, pur di non cerchiare la mia pagina, ha preferito non aiutarmi nel cominciare a farmi un po’ di pubblicità, nonostante nel network marketing gli affiliati possano far guadagnare un upliner! Pazienza; non gli ho nemmeno fatto presente me ne sia accorto: semplicemente, ne terrò conto per il futuro!

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @roberto_palumbo:disqus,
      come avrai sicuramente notato, scrissi questo post più di 6 mesi fa (giugno 2014). Da allora ho ampliato parecchio i miei contatti online e modificato, rendendole (spero) più “accattivanti” le modalità con le quali pubblico roba sul sui social, tanto mia, quanto degli altri. Devo ammettere che un leggero miglioramento in termini di coinvolgimento c’è stato, ma rimango comunque dell’idea che l’italiano comune guardi sempre e comunque al suo orticello. Certo, le mosche bianche non mancano, ma finché continuerò a chiamarle così, significherà che una condizione collaborativa di massa sarà ancora lontana.

      In cuor mio posso dire di essere stato fortunato nell’aver ricevuto un’educazione fondata, tra i tanti, su due principi:

      – Se vuoi una cosa fatta bene, fattela da solo
      – Sii generoso, ma non aspettarti nulla in cambio

      Seguire la mescola di queste due filosofie mi ha aiutato e mi aiuta a dare poco peso a quella che è l’attività, a volte inconsistente, altre denigratoria, degli altri. Ovvero io faccio il mio e cerco di farlo nel modo migliore possibile, il resto è nelle mani del Signore (per chi ci crede. Io no).

      Rimane comunque il fatto che, proprio come te, non posso esimermi dal tenere conto di certi comportamenti, i quali sicuramente rimarranno impressi nella mia memoria e condizioneranno, tanto nel bene, quanto nel male, le mie scelte future.

      D’altronde non siamo in “MIB” e dunque non possiamo chiedere di essere “sparafleshati” al fine di cancellare la nostra memoria, Tanto vale “agire per bene” sin dal principio, no? 😉

      Grazie per essere passato di qui e un saluto!

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