Gamification: 5 domande per Alessio Cifani

Branding e Gamification: ne parliamo con Alessio Cifani

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Torno oggi a parlarvi di interviste. O meglio, sarà l’intervistato a parlare con voi, visto e considerato che la materia che andremo a trattare, tanto nuova quanto affascinante, è a me quasi totalmente sconosciuta.

E’ per questo che ho buttato giù dal letto Alessio Cifani (aka “Il Cif“) e gli ho detto:

“Oh, te che sei bravo: m’hai da spiegare cos’è sta gamiqualcosa, lì… Che io non ci capisco e invece vorrei capirci, magari un domani mi serve.”

E quindi eccomi qua, pronto a sapere di cosa si tratta attraverso le parole di Alessio.

… and press START

“Ciao, mi chiamo Alessio, ho 31 anni e…” ?

… e mi sono messo in testa di fare il socialcoso. Ho studiato da scienziato, mi sono buttato nel settore vendite, sono passato per il giornalismo, l’insegnamento e, infine, mi sono ritrovato invischiato nel fantastico mondo del social media marketing.

Non è che mi sono infighettito, chiariamoci, l’anima nerd è rimasta sempre la stessa: continuo ad interessarmi di tutto quello che ruota attorno al mondo tech, al gaming e all’entertainment in generale. Nel mio lavoro, questo si è tradotto in un interesse crescete verso la gamification.

Gamifiche?

Gamification, ludicizzazione: usare gli schemi di pensiero e gli strumenti tipici del gioco in contesti che non ci sogneremmo neanche lontanamente di accostare a qualcosa di divertente.

Gabe Zichermann

E’ uno strumento potentissimo, presente da sempre nelle attività umane ma che solo di recente ha avuto un etichetta cool con un termine anglofono. Significa cambiare comportamenti, incentivarli in maniera efficace e veloce.

Hai presente quando ti dicono “scommetto che non ce la fai a scolarti una birra in un sorso” ? Anche quella è gamification. Anche lì sì aggiunge un layer ludico in un ambito che nulla ha a che vedere con il gioco.

Vediamo se ho capito… Hai presente quando ti arriva un messaggio privato su Facebook all’interno del quale il mittente ti chiede di mettere “Mi piace” a una foto (brutta) da lui realizzata per un fantomatico concorso di fotografia? Ecco, questi concorsi rientrano nel concetto di ludicizzazione di una campagna?

E se sì, sapresti spiegarmi perché c’è stato un periodo in cui i social erano invasi da questo tipo di iniziative? Iniziative che, ad oggi, non mi sembra tirino più così tanto…

Sì e no: ci sono elementi di gioco in un meccanismo del genere (i “like” come punti, la classifica, etc.) anche se credo che contest di questo tipo non vengano pensati con lo scopo di gamificare la campagna, ma solo per fare casino.

Esempio di Photo Contest promosso dalla fanpage di Nordica Photography

Esempio di Photo Contest promosso dalla fanpage di Nordica Photography

E’ che gamificare significa costruire attorno ad una campagna di social media marketing una struttura di rinforzo per ottimizzare i processi. Quindi, se la campagna è pensata male ab initio, non saranno certo punti, badge e classifiche a raddrizzare la rotta.

Per quanto riguarda lo sfruttamento del numero di like in un contest, pratica ormai caduta in disuso, penso ci siano due aspetti da considerare: il primo è che strumenti del genere appartengono a un’epoca in cui i social network erano giovani o almeno erano da poco entrati nei reparti marketing delle aziende.

Il secondo è che operazioni di questo tipo non portano valore al brand, che detta così sembra una scemenza da pubblicitari new age dei primi anni 2000, ma in questo caso ben rappresenta il mio punto di vista.

Un’operazione del genere può dare i suoi frutti nell’immediato, ma difficilmente riuscirà ad integrarsi in una strategia a lungo termine per la comunicazione di un brand.

All’interno di un progetto, con quali figure professionali un “gamificoso” ha bisogno di interfacciarsi per portare a termine il proprio lavoro?

Più o meno come un architetto che progetta edifici ha bisogno di un buon costruttore per vedere il suo progetto realizzato, un gamificoso necessita di un programmatore che realizzi il sistema.

Nel mio caso, mi relaziono con persone che hanno dimestichezza con l’uso delle API di Facebook e Twitter. E, come succede tra architetti e costruttori, chi progetta deve lavorare in stretta sinergia con chi si occupa della realizzazione. C’è bisogno che il gamificoso conosca approfonditamente le possibilità e i limiti della piattaforma che si utilizza e, dall’altra parte, il programmatore può dare consigli e intervenire sull’ottimizzazione del processo.

Che tipo di formazione deve avere uno che da grande vuole fare il “gamificoso” ? Esistono degli indirizzi universitari o corsi di altro tipo che consiglieresti di seguire in Italia o all’estero?

Alessio Cifani alle prese con Oculus Rift

Alessio Cifani alle prese con Oculus Rift

Io da piccolo volevo fare il paleontologo (ben prima che scoppiasse la moda dei dinosauri con Jurassic Park…) e mi ritrovo invece ad avere una laurea in fisica, quindi sono l’ultima persona alla quale chiedere delucidazioni sull’orientamento.

Ho sempre avuto una predilezione per il gioco come strumento per conoscere il mondo e, dopo aver gamificato una dieta con risultati quasi incredibili, il mio cervello è andato in corto circuito e ho voluto saperne di più.

I corsi di laurea ormai all’estero si sprecano e c’è da dire che anche in casa nostra si stanno moltiplicando i Master post laurea sull’argomento. L’università di Tor Vergata (Roma), ad esempio, ha già attivato un Master di primo livello.

Lo so, avevamo detto 5 domande, ma non posso non fartene almeno un’altra. E dunque: avresti delle letture o degli autori, anche di contenuti esclusivamente web, quindi blog et similia, da consigliare a chi desidera saperne di più sulla gamification?

Addirittura una domanda extra? La prima autrice che voglio consigliare, quella che più mi ha ispirato, è Jane McGonigal e il suo “Reality is Broken”. Leggetelo in inglese, l’adattamento italiano, “La Realtà in gioco”, è a dir poco deludente. E’ un testo seminale in cui si affrontano i concetti di psicologia alla base del game design.

Per quel che riguarda l’approccio pratico nel marketing consiglio i testi di Gabe Zichermann.

E se questi non vi hanno annoiato, si passa agli articoli di Sergio Jimenez, creatore del gamification model canvas, su Gamasutra.

Per un approccio più leggero e ampio, che spazia anche sull’aspetto tech, ci sono i blog di Andrzej Marczewski e Yu-kai Chou.

Game over

Fine dell’intervista. Ringrazio Alessio per la disponibilità e per il tempo dedicatomi.

Mi auguro che anche voi, proprio come me, abbiate colto il senso e l’importanza della gamification all’interno delle strategie di marketing di un brand.

D’altronde, si sa, non si è mai troppo grandi per giocare.

Alla prossima intervista!


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Simone Bennati

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7 risposte

  1. Antonella Dorati ha detto:

    Bell'articolo. La gamification è un argomento a cui mi sono avvicinata da poco. Lunedì prossimo inizierò un MOOC proprio su questo argomento. Spero che poi ne capirò di più

  2. Simone Bennati ha detto:

    Buongiorno Antonella,
    lieto di sapere che il post ti sia piaciuto. Grazie!

    Se gradisci puoi linkare una o più risorse online inerenti il MOOC. Sono certo che come te altri siano interessati ad approfondire il tema della gamification 🙂

  3. Antonella Dorati ha detto:

    Buongiorno Simone, questa è la scheda del corso di cui ho parlato nel mio commento precedente: https://www.coursera.org/course/gamification
    Spero possa essere utile a qualcuno

  4. Simone Bennati ha detto:

    Antonella Dorati Ottimo! Grazie per averlo linkato e buon inizio di corso! 😉

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