Social Network: La creatività è morta, uccisa dal copia e incolla

Social Network: La creatività è morta, uccisa dal copia e incolla

So’ tutti creativi cor culo dell’altri

È proprio così: la Creatività, quella con la “C” maiuscola, ci ha lasciato. E da un pezzo, anche.

Non è stato “un brutto male”, come direbbe mia nonna, a portarsela via, né uno sfortunato incidente. La Creatività è stata uccisa. Anzi, è stata prima malmenata e poi uccisa.

Gli autori del più clamoroso ed efferato “qualiticidio” della storia sono noti, così come lo sono il luogo e l’arma del delitto: gli assassini della Creatività siamo noi utenti, colpevoli di averla prima strappata con la forza a coloro che la possedevano e poi averla trascinata sui social network, finendo quindi con il massacrarla a colpi di copia e incolla. CTRL + C dopo CTRL + V.

Impiegati distratti, casalinghe annoiate, professionisti di questo o quel settore in cerca di un appagamento e/o di una visibilità fatti di “Mi piace”, commenti e condivisioni: tutti siamo colpevoli della morte della Creatività. Tutti. Nessuno escluso.

… O forse no? O forse c’è qualcuno che si è macchiato di questa colpa più degli altri. Qualcuno che, magari senza neanche rendersi conto del danno che stava procurando, ha continuato giorno dopo giorno a infierire sulla Creatività, portandola via a chi ben volentieri la condivideva con il prossimo e rendendosi così complice di un vero e proprio sciacallaggio.

Secondo me qualcuno che è più colpevole di altri c’è e oggi, in occasione della morte della Creatività, voglio condividere in anteprima con voi il testo della sentenza con la quale il Tribunale del Buon Gusto e dell’Onestà ha giudicato colpevole questo spregevole individuo.

Sono sicuro che, una volta letta la sentenza, vorrete la sua testa.

Silenzio, parla Agnese

In nome del popolo di Internet

il Tribunale del Buon Gusto e dell’Onestà, nel procedimento a carico del sig. (OMISSIS), ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Visti gli articoli Il, Lo, La, I, Gli e Le

DICHIARA

il sig. (OMISSIS) colpevole dei reati di:

  • Appropriazione indebita di frasi brillanti e/o spassose e/o pseudo-filosofiche ideate e diffuse da terzi, quali utenti e pagine fan, finalizzata allo sfruttamento delle stesse all’interno dei propri status di Facebook, tweet, post su G+, post su LinkedIn e su qualsiasi altra piattaforma ove egli risulti possedere uno o più account;
  • Appropriazione indebita di fotografie, vignette, infografiche e materiale grafico di natura varia realizzato e diffuso da terzi, quali utenti e pagine fan, finalizzata allo sfruttamento delle stesse all’interno dei propri status di Facebook, tweet, post su G+, post su LinkedIn e su qualsiasi altra piattaforma ove egli risulti possedere uno o più account; nonché dell’alterazione dei suddetti contenuti, tramite tecniche di fotoritocco, finalizzata all’occultamento della firma o del watermark rappresentante l’autore dell’opera;
  • Sfruttamento della buona fede dei propri amici di Facebook, follower di Twitter e di tutti i contatti ad egli collegati attraverso le altre piattaforme social; attività, questa, che ha consentito al sig. (OMISSIS) di apparire figo oltre il suo reale livello di figaggine e di godere di una visibilità e di una stima altrimenti molto lontane dalle sue reali possibilità;

Visti gli articoli Un, Uno e Una

CONDANNA

il sig. (OMISSIS) ad essere sputtanato in pubblica piazza digitale per quelli che sono i reati a lui ascritti. Così vedemo se n’altra volta c’arifà.

Di squali, gente insicura e altre storie

Mi auguro che questa finta sentenza vi abbia strappato quantomeno una risata. Il problema, però, è reale e purtroppo assume giorno dopo giorno dimensioni sempre più imponenti.

Anche se sarebbe giusto farlo, non voglio affrontare la questione dal punto di vista della proprietà intellettuale, ma mantenerla ad un livello più umano, direi quasi psicologico.

La domanda che mi pongo e vi pongo è: che senso ha inculasse la robba dell’altri?

Che sia una frase, un’immagine o anche solo una battuta azzeccata (come direbbero a Napoli) tra uno status di Facebook e l’altro, se questa non è farina del vostro sacco, si vede.

E i primi a notarlo sono proprio quelli che vi conoscono, ovvero i vostri amici. Quelli con cui siete cresciuti, con i quali vi vedete una volta ogni tanto per andare a mangiare una pizza e che, di fronte a certe uscite, palesemente non vostre, rimangono quantomeno perplessi.

A me capita spesso, purtroppo, di leggere status di Facebook che non sono evidentemente frutto della mente di chi li ha pubblicati e mi basta una stupida ricerca su Google per averne conferma. La mia reazione, però, non è di rabbia, ma di stupore e sono altresì portato a chiedere:

“Che cazzo stai facendo? Io ti conosco. Lo so che non sei così divertente/riflessivo/brillante/spigliato fuori di qui. Quindi perché lo fai? Perché inganni te stesso e gli altri mostrando ciò che non sei? Che te ne viene? Spento il PC e valicata la soglia di casa, la vita ti sgama. Ricordatelo.”

Oltre agli squali, ovvero coloro che copiano per avere un ritorno in termini economici, penso quindi che un gran numero di copioni (e sottolineo “un gran numero”, non l’intera parte restante) sia rappresentato da individui caratterizzati da una bassissima autostima.

Persone insicure e bisognose di conferme, le quali hanno visto nei social network il contesto giusto per poter essere finalmente apprezzate e che, pur di trovare l’appagamento che cercano, sono disposte anche ad impossessarsi di ciò che non è loro, riciclandolo poi come proprio.

Bisogna comprendere e attingere a tutta la tolleranza di cui si dispone? Forse sì. Nel contempo, però, mi gira comunque il culo nel vedere che Tizio fa il ganzo sfruttando le parole di Caio.

In quello che per me è il concetto di mondo perfetto, dunque, Tizio dovrebbe un attimo farsi un esame di coscienza, smetterla di mostrarsi per quello che non è e annasse a fa vedè da uno bravo. Questo perché il suo fare il ganzo calpesta l’essere ganzo, ma per davvero, di qualcun altro. E questo non è accettabile, né giusto. Questo ammazza la Creatività e chi la possiede.

Perdonate la crudezza.


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Simone Bennati

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3 risposte

  1. Antonio Picco ha detto:

    La creatività è morta mi ricorda “Dio è morto”, con la gente alla ricerca di qualcosa che non trova nel mondo che ha già.
    Nell’i-Phone preso a rate la creatività è morta.
    Nei tormentoni dell’estate la creatività è morta.

  2. Giovanni Bertagna ha detto:

    Grande articolo, come non condividere il tuo punto di vista.
    Sono furbizie inutili, come dici, chi ti conosce è il primo a rimanere perplesso. Di venditori di fumo è pieno il mondo.
    E pensare che questo grande strumento che è internet, se utilizzato nel modo giusto, ci permette di recuperare e utilizzare contenuti rispettando i diritti dell’autore. Perciò in modo legale!

    • Simone Bennati ha detto:

      Buongiorno @GiovanniBertagna:disqus e innanzitutto grazie per aver letto e condiviso il post 🙂

      Esatto: “furbizie inutili”, le quali, proprio a causa della loro inutilità, finiscono con l’essere peggio che inutili, ovvero deleterie. Non credo che riuscirò mai a comprendere questo tipo di comportamento, né di poter fare concretamente qualcosa per debellarlo. Mi accontento di non agire in tal modo, cercando di dare sempre il giusto risalto a chi crea veramente 🙂

      Buon weekend, Giovanni!

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