Internet non ci ha reso stupidi, ma “solo” terribilmente presuntuosi

Internet non ci ha resto stupidi, ma presuntuosi

So di non sapere, ma dico e faccio uguale

No, Internet non ci ha affatto reso più stupidi. E chi sostiene questo dimostra di avere una visione miope, la quale non coglie quello che è stato il vero “danno” causato dalla Rete.

Ciò che Internet è riuscito a fare, infatti, è infinitamente più grave del semplice “instupidire la gente”. Obiettivo, questo, già ampiamente raggiunto dalla televisione (commerciale e non).

In poco meno di 30 anni, il Web è riuscito nell’incredibile impresa di massimizzare una delle caratteristiche che meglio ci rappresentano e che, forse, dovrebbe preoccuparci ben più della mera stupidità: l’essere presuntuosi, in tutte le forme in cui la presunzione stessa si manifesta.

La presunzione di sapere, di saper fare, di poter parlare, di poter agire. La presunzione di non avere bisogno di studiare per imparare, né di dover dimostrare cosa si è effettivamente appreso.

La presunzione è, di fatto, il vero grande male di questi tempi “digitali” e, guardando a ciò che accade quotidianamente sui Social Media, non possiamo non rendercene conto.

Sapere o non sapere. Non c’è presumere!

Senza andare a scomodare grandi temi, quali la politica e l’economia, la presunzione è ormai parte integrante di molte delle nostre discussioni e attività online, anche le più insignificanti.

Pensiamo, ad esempio, a tutte le volte in cui ci registriamo ad un nuovo servizio e “skippiamo” a piè pari la lettura dei termini e delle condizioni d’uso o a quando, ancora, intercettiamo un articolo condiviso su Facebook e, invece di metterci a leggerlo, decidiamo di commentarlo.

Sono o non sono, questi, i segnali di una malsana e quantomai radicata presunzione?

Certo, si può sempre dare la colpa alla fretta o ad un livello di interesse verso lo specifico argomento non proprio radicato, ma farlo significa nascondersi dietro a scuse oltremodo puerili. Chi va veramente di fretta, infatti, o non è sufficientemente interessato a qualcosa, o lascia perdere o rinvia l’approfondimento ad un secondo momento.

Non è necessario essere degli analfabeti funzionali per peccare di presunzione. Basta, infatti, convincersi che qualcosa sia alla propria portata ed agire come se effettivamente lo fosse.

Un modo di fare, questo, che sta pian piano portando ad una sempre più evidente (e terrificante) legittimazione dell’ignoranza ed all’instaurazione della cosiddetta mediocrazia, condizione che vi invito vivamente ad approfondire e che mi auguro possiate trovare a suo modo interessante.

Nel mondo dei ciechi, l’orbo è il Re

Tornando per un attimo al titolo di questo articolo, è ovvio che la colpa di ciò che sta accadendo non è di Internet, ma di noi stessi, in quanto veri ed unici responsabili delle nostre azioni.

La Rete, dal canto suo, non ha fatto altro che darci la possibilità di informarci e comunicare con gli altri, senza però stabilire alcun ordine tra le due attività. Cosa che, invece, spetta a noi fare.

Se continuiamo a “cianciare” a sproposito o a pretendere di riuscire in qualcosa senza aver prima dedicato il giusto tempo allo studio, coloro che hanno fatto del Sapere il proprio credo continueranno ad avere l’ultima parola. E questa, piaccia o meno, sarà loro di diritto.

“Nel modo dei ciechi, l’orbo è il Re”, recita un vecchio adagio. Cerchiamo di non dimenticarcelo e di essere meno presuntuosi, lasciando che l’informazione e lo studio precedano l’azione.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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