Transmedia Storytelling: 5 domande per Claudio Gentile

Claudio Gentile - Transmedia Hunter

Non c’è due senza tre

Terzo appuntamento con le interviste di bennaker.com!

Dopo Ivana De Innocentis, founder di Brans Invasion, e Alessio “Il Gamificoso” Cifani, ho l’onore di avere come ospite Claudio Gentile, alias “Transmedia Hunter”, esperto di Social Media e Transmedia Storytelling.

Lo so: Transmedia Storytelling è una parolaccia che ha spaventato anche me quando l’ho sentita per la prima volta, ma Claudio, attraverso le sue risposte, riuscirà a farvi capire con estrema facilità di cosa si tratta. Oh, se l’ho capito io, possono capirlo tutti, eh!

Questo perché Claudio è uno che con le parole ci sa fare e anche piuttosto bene. D’altronde, occupandosi di storytelling, come potrebbe essere diversamente?

Eccovi dunque le 5 domande (un po’ bastarde, come sempre) che gli ho riservato.

Tutto il Transmedia Hunter minuto per minuto

“Ciao, mi chiamo Claudio, ho 36 anni e…” ?

… ne dimostro di meno! =)

Che dire? Nato a cavallo tra il 1970 ed il 1980, sono sempre stato affascinato dalle storie e dal modo in cui vengono raccontate.

Cresciuto in una galassia lontana lontana, e incredibilmente attratto dai libri ad immagini, sono stato felice di imbattermi nelle storie a bivio di TOPOLINO, le quali conferivano al lettore la possibilità di effettuare scelte che, in qualche modo, avrebbero modificato il filo della narrazione. Fu esattamente questo il primo contatto che ebbi con le storie “interattive”.

Molti anni sono passati da allora, ma il mio interesse nello Storytelling non è mai cambiato. Anzi, sin dai primi anni 2000, mi sono focalizzato sulle potenzialità delle narrazioni multicanale, sino ad approdare al Transmedia Storytelling.

Scandagliando il tuo sito e i tuoi profili sui diversi Social Network, ho notato che una delle prime cose che fai è presentarti come “Transmedia Hunter”. Come ti è venuta in mente questa definizione? Nel senso: perché “Hunter” e non, ad esempio, “Specialist” o “Expert” ?

Perché prima di essere uno “Specialist” o un “Expert”, devi avere l’istinto del cacciatore“Hunter”, per l’appunto. Un cacciatore che si muove sulle diverse piattaforme perché guidato dalla curiosità e dalla voglia di conoscere.

Claudio Gentile e Henry Jenkins

Claudio Gentile e Henry Jenkins

Volendo prendere in prestito un’espressione usata da Henry Jenkins (professore universitario alla UCLA, nonché uno dei primi teorizzatori del concetto di Transmedia Storytelling), potremmo dire che è necessario essere dei “Textual Poachers”, ovvero dei bracconieri testuali, specializzati nel ritrovamento di contenuti e nell’utilizzo degli stessi all’interno dei propri lavori, nonché nelle proprie esperienze.

Io ho fatto questo: sono diventato un cacciatore di storie transmediali e quindi un Transmedia Hunter.

Il giorno che smetterò di cacciare, probabilmente sarò intellettualmente morto.

Ultimamente si fa un gran parlare dello storytelling e spesso viene presentato come la soluzione a tutti i problemi legati all’immagine di un brand. Vuoi guadagnare una maggiore visibilità online? Storytelling! Vuoi che il tuo prodotto vada a ruba? Storytelling! Vuoi che il tuo marchio venga associato ai concetti di pace, amore e gioia infinita [cit.] ? STORYTELLING!

Appurato questo, ti chiedo: lo storytelling è effettivamente così versatile e potente, oppure è semplicemente “diventato di moda” e si tende dunque a piazzarlo anche dove non serve?

Lo storytelling è, innanzitutto, uno strumento e come tale dovrebbe essere usato.

Ogni azione ha il suo strumento adatto. Se devo avvitare un bullone, non userò un cacciavite! Così dovrebbe essere fatto anche con gli strumenti della comunicazione.

Lo storytelling è la panacea di tutti mali? No! Puoi applicare una strategia di storytelling paraticamente a tutto? Si! Ma dipende come lo fai, quali strumenti usi e cosa vuoi veicolare.

Ogni giorno raccontiamo, ascoltiamo, vediamo e viviamo delle storie. Ne siamo continuamente immersi. Ed è proprio per emergere da questa sorta di “overload di storie” che le storie raccontate per intrattenere, comunicare e coinvolgere devono essere di valore, ovvero aver quel quid in più che le distingue rispetto a tutte le altre.

Lì sta la bravura dello storyteller: nel capire le peculiarità della propria narrazione, indipendentemente dal soggetto intorno alla quale essa è stata costruita.

Il nodo centrale, comunque, risiede nel coinvolgimento o, come dicono quelli bravi, nell’engagement. Oggi, la necessità è quella coinvolgere il pubblico e, grazie ai principi del transmedia storytelling, il coinvolgimento dei “pubblici” si è notevolmente potenziato. Io, per esempio, applico queste linee guida anche nelle mie strategie di social media management, ottenendo risultati confortanti.

Ho letto sul tuo blog che recentemente hai tenuto un incontro dal titolo “Focus on Transmedia Storytelling: Introduzione al Transmedia Storytelling“ e che, all’interno dello stesso, hai citato l’ARG (Alternate Reality Game) “Frammenti”, prodotto nel 2009 grazie alla partecipazione della ormai defunta Current TV, al quale io stesso ho avuto il piacere di partecipare. La prima volta che sentii parlare di storytelling, il ricordo della splendida esperienza di “Frammenti” mi balzò subito alla mente. Purtroppo, ad oggi, essa rimane ancora unica nel suo genere. La mia sensazione è che gli ARG in Italia proprio non riescano a decollare. La condividi con me? E se sì, secondo te quali sono i motivi alla base di questa difficoltà?

Ti ringrazio per la domanda. Sono particolarmente legato a questo incontro che mi ha visto protagonista per quasi 8 ore in un workshop sul Transmedia Storytelling organizzato da Laboratori dal basso, ente facente parte della Regione Puglia. Ho avuto modo di conoscere tanta gente interessante ed interessata all’argomento con la quale è stato un piacere confrontarsi e grazie alla quale è nato questo mio post.

Transmedia Storytelling 5 domande per Claudio Gentile

Gli ARG sono dei tipi di narrazione ludica e prevedono forte partecipazione e coinvolgimento.

È chiaro che la riuscita dell’ARG stesso dipende da quanto il pubblico è proattivo ed incline a mettersi in gioco. Spesso queste esperienze sono strutturate come delle vere proprie cacce al tesoro che si spostano repentinamente dall’online all’offline.

Meme Meshup: Game of Iron

Meme Meshup: Game of Iron

Inoltre contano molto sul livello di fandom che sta dietro ad un particolare universo narrativo. Gli interrogativi fondamentali, infatti, sono:

  • Quanti appassionati al tuo tema esistono?
  • Saranno disposti a sbattersi per avere in cambio una gratifica di qualsivoglia genere?

È ovvio che un ARG lanciato in Paesi anglofoni avrà una diffusione maggiore rispetto ad uno, ad esempio, realizzato nella sola lingua italiana. In questo secondo caso, inutile sottolinearlo, la platea sarà notevolmente ridotta e la percentuale dei soggetti coinvolti decisamente inferiore.

Forse è proprio per questo che, in Italia, gli ARG non decollano: perché non ci sono abbastanza persone da coinvolgere. Va anche sottolineato, però, che pochissimi in Italia hanno tentato la strada dell’ARG come elemento di fidelizzazione, racconto ed intrattenimento.

In Italia, si ha paura di osare e spesso quelli che hanno più paura sono coloro che detengono i capitali, per cui è chiaro che, senza fondi da investire, sia difficile (ma non impossibile!) creare un ARG che possa attrarre il pubblico.

Ricordiamo, tra i casi di successo, il coinvolgimento che generò “Why so serious?”, ovvero l’ARG uscito per promuovere il film “Batman: the dark knight”.

Quando intervistai Alessio Cifani, esperto di gamification, gli chiesi quali fossero i suoi autori di riferimento e quali risorse online avrebbe consigliato a chi desiderasse approfondire la materia. Tu cos’hai da consigliarmi per quanto riguarda la transmedialità e lo storytelling?

Io mi trovo sempre preso in contropiede quando mi si chiedono certe cose…

In quanto cacciatore/bracconiere, nel tempo mi sono costruito una rete di riferimento, tanto su Facebook, quanto su Twitter, dalla quale attingo le informazioni più aggiornate. Informazioni che poi vado ovviamente ad approfondire.

Nell’ambito del Transmedia Storytelling, direi di cominciare da Henry Jenkins, che io considero IL MAESTRO del Transmedia Storytelling. Quindi consiglio di seguirlo sul blog e su Twitter.

Arriviamo poi a Jeff Gomez, uno tra i massimi esperti internazionali di Transmedia Storytelling e Brand Extension, nonché fondatore della Starlight Runner, della quale parlo anche sul mio blog.

Mi vengono poi in mente i nomi di Robert Pratten, transmedia producer, e Nuno Bernardo, quest’ultimo è conosciuto per essere uno dei primi transmedia producer indipendenti, nonché per essere il fondatore della Be Active, azienda che si occupa di narrazioni multicanale con vocazione trans mediale.

Per quanto riguarda i libri, direi che non dovrebbero mai mancare:

Ovviamente vi consiglio di seguire anche il mio blog! =)

In esso, oltre a trovare diversi casi studio ed esempi di narrazioni multicanale e, nello specifico, transmediali, è presente anche una semplice infografica in cui sintetizzo l’evoluzione e gli elementi del Transmedia Storytelling.

Fine della storia

L’intervista a Claudio Gentile si conclude qui. Grazie al suo aiuto abbiamo avuto modo di inoltrarci all’interno dei meandri del Transmedia Storytelling, approfondendone le origini, le potenzialità e scoprendo le attività all’interno delle quali uno strumento così complesso, ma potente, può essere introdotto, restituendo risultati più che entusiasmanti in termini di coinvolgimento.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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