Come cambia la percezione del tempo sul piano digitale

Come cambia la percezione del tempo sul piano digitale

Alla ricerca del tweet perduto

Giorni fa, durante l’elaborazione di un articolo, ho avuto bisogno di recuperare un vecchio tweet con il quale Atac mi fece gli auguri di buon compleanno e che, vista la sua particolarità, ricordavo di aver condiviso anche con gli amici di Facebook.

Certo del fatto che dal curioso episodio fossero passati almeno 2 anni, sono andato a riguardare le condivisioni del 19 marzo 2012, senza però trovare alcuna traccia del tweet.

Anche l’analisi di quelle risalenti al 19 marzo 2013 non ha portato ad alcun risultato, ma quando poi sono passato al 19 marzo 2014, ovvero il mio ultimo compleanno, ho finalmente (ed incredibilmente) trovato ciò che stavo così affannosamente cercando.

La verità, quindi, è che da quel tweet non sono passati anni, ma solo pochi mesi.

Una differenza tra realtà e percezione, questa, sulla quale vorrei riflettere insieme a voi.

Digitale vs. Reale: questione di “quantità”?

Al fine di venire a capo della questione ed identificare, quindi, le cause di questo particolare sfasamento, mi sono innanzitutto posto alcune semplici domande:

  • Perché il mio istinto mi ha suggerito di tornare al marzo del 2012 e non a quello del 2014?
  • Perché un evento verificatosi solo 6 mesi fa lo percepisco come se fosse vecchio di anni?
  • Perché ho la sensazione che gli eventi “reali” e quelli “digitali” viaggino a velocità diverse?

Dopo essermi a lungo interrogato, l’unica risposta che sono riuscito a darmi è che, a causa dell’uso massiccio che faccio dei Social Network e, più in generale, di Internet, la quantità di eventi, scambi e conversazioni che mi coinvolge sul piano digitale è assai maggiore di quella che, nel medesimo arco di tempo, mi coinvolge sul piano reale.

Il che, detto in soldoni, significa che vivo molte più cose online che offline e questo fa sì che il mio cervello, quando interrogato, stimi che queste siano distribuite su un lungo arco temporale.

E se il tempo “reale” diventasse superfluo?

Arrivato a questo punto, una domanda affiora nella mia mente: arriveremo mai a considerare una conversazione “reale” come “troppo lenta” o troppo impegnativa in termini di tempo?

E ancora, arriveremo mai al punto di fare talmente tante cose sul piano digitale da finire con il percepire le attività “reali” come puramente accessorie o, ancor peggio, delle perdite di tempo?

Mentre riflettete sull’argomento, vi invito a leggere questo interessantissimo articolo di Corrini. A quanto pare, infatti, la questione del tempo percepito sul web non interessa soltanto me.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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5 risposte

  1. Elisa Clementi ha detto:

    Questo tempo diverso lo si avverte anche quando si iniziano relazioni online…
    Sono per così dire ad una velocità ed intensità diversa, si inizia a parlare molto prima di argomenti che con una persona davanti ne parleresti dopo qualche settimana.. E’ strano ma condivido che sono due cose a velocità totalmente diversa!

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @felixgdv:disqus,
      sì, esatto. Sono diversi i punti di vista sotto i quali il tempo reale e quello virtuale differiscono. Quello impiegato nei diversi step di una conoscenza reciproca è un ottimo esempio 🙂

  2. Monica ha detto:

    Vero Simone !
    E dal mio punto di vista riconducibile al concetto di ” tempo psicologico ” anche se il tuo concetto mette in gioco in realtà più variabili penso possa essere interpretato allo stesso modo !
    Le domande che ti sei posto alla fine …quelle si mi hanno dato da pensare … la mia risposta per ora rimane spero di no !
    Sarebbe davvero troppo veloce , siamo persone e come tali hanno bisogno dei nostri ritmi ,alla fine non sono quelli a mantenerci integri ? Non può essere tutto fatto e finito senza interiorizzazione non esiste crescita di nessun tipo 😉

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @disqus_Ij1eujLlKS:disqus,
      confesso che ogni tanto mi piace perdermi in queste pippe mentali di carattere pseudo-filosofico e sono contento se trovo qualcuno che, lo dico in modo ironico, “mi dà corda” 😀

      Per quanto riguarda le mie domande finali, non parlavo propriamente di una “perdita” di quella che è l’interiorizzazione, quando più uno spostamento su un diverso piano. Forse un domani, messi da parte i libri di storia, ci dimenticheremo del fatto che la nostra vita era più reale che virtuale. O meglio, che quella che consideravamo “vita” si svolgeva su piano reale. Magari, nel futuro, le uniche attività “reali” che ci concederemo saranno quelle legate ai bisogni fisiologici 🙂

      Ovviamente questa è una visione estrema che rifuggo io stesso e sono quasi certo che, se mai si dovesse correre il rischio che essa si concretizzi, io per allora sarò già fertilizzante per le piante 😀

      Un abbraccio,
      Simone

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