10 cose che fanno saltare i nervi a un Social Media Manager

10 cose che fanno saltare i nervi ad un Social Media Manager

Lavori con il Web? Preparati al peggio

Piaccia o meno, quello del Social Media Manager è un lavoro a tutti gli effetti e, in quanto tale, ha anche delle regole non scritte, specie sul piano comportamentale.

Da quando mi sono messo in testa di fare questo mestiere, ho notato che in giro è pieno di gente che non ha rispetto per chi lavora con il Web e che non manca occasione di prodursi in atteggiamenti sciatti e irritanti.

Ecco, quindi, un elenco delle 10 cose che fanno più incazzare un Social Media Manager. Sì, perché l’espressione “far saltare i nervi” non rende affatto l’idea…

1. Sminuire il ruolo, definendolo “giocare su Facebook”

Come dicevo poc’anzi, quello del Social Media Manager è un vero e proprio lavoro, il quale richiede sia il possesso di specifiche conoscenze, sia una consolidata dimestichezza nell’uso di determinati strumenti. Niente di diverso, quindi, da ciò che è richiesto per fare il cuoco, il medico o un qualsiasi altro lavoro specializzato.

Se doveste avvertire una improvvisa fitta al petto, avreste mai il coraggio di rivolgervi al vostro cardiologo dicendo: “Hey, hai finito di giocare con i ventricoli?”? Io non credo.

2. Mettere mano ai Social senza averne prima parlato

Io sono uno di quelli a cui piace lasciare che il cliente partecipi attivamente alla gestione dei social della sua azienda, a patto che questo venga fatto di comune accordo e che la singola attività sia stata preventivamente valutata e definita.

In passato, ad esempio, mi è capitato di veder sparire interi post da alcune Pagine Facebook di cui ero amministratore. “Il classico scherzo dello zio Mark!”, verrebbe da pensare. E invece no! La loro scomparsa non era affatto dovuta a un blackout della piattaforma, ma a un’azione volontaria eseguita autonomamente dal cliente.

Immaginate, ora, quale può essere stata la mia reazione quando l’ho scoperto…

Può capitare che non ci si capisca e che il risultato sia diverso da ciò che ci si aspettava, ma in quel caso se ne discute e si decide assieme come rimediare.

3. Chiedere consiglio, ma poi fare di testa propria

Similmente a quanto illustrato nel punto precedente, il caso del cliente che, dopo aver chiesto di essere direzionato, fa comunque di testa propria è tra i più tipici.

Quello che mi domando è: “Perché perdere (e far perdere) tempo nel farsi dare suggerimenti se poi, all’atto pratico, non verranno comunque presi in considerazione?”

4. Paragonare i risultati con quelli di altre realtà

Premesso che quella del Social Media Marketing non è una scienza esatta e che ogni azienda, marchio, prodotto o servizio è diverso dall’altro, come si può pensare di poter mettere a confronto i risultati di due diverse realtà?

Sono talmente tante le variabili che influiscono nella vita social di un brand che, anche se paragonassimo realtà simili, non conosceremmo comunque i retroscena, gli avvenimenti, i punti di partenza e i limiti che hanno portato ai risultati di ognuno.

“Senza dati, sei solo un’altra persona con un’opinione”, diceva la buon’anima di William E. Deming. Affermazione, questa, alla quale mi permetto di aggiungere che: “Senza conoscere l’origine e il percorso dei dati, hai solo dei numeri vuoti e privi di alcun valore”.

5. Non fornire il materiale richiesto nella giusta forma

Mettetevi l’anima in pace: se il vostro Social Media Manager vi chiede di inviargli via mail un logo in formato vettoriale entro 24 ore, non lo fa perché ha deciso di rovinarvi la giornata, ma perché ne ha bisogno per svolgere il suo lavoro.

E sì, c’è un motivo per cui vi chiede proprio il vettoriale, e non una versione presa da Google; così come c’è un motivo per il quale chiede di mandarglielo via email.

I formati, i tempi e le modalità di invio del materiale sono dettati da specifiche esigenze, le quali debbono essere sempre soddisfatte. Senza se e senza ma.

6. Considerare il SMM sempre a disposizione

Quando si inizia una collaborazione con un Social Media Manager, il fatto che questi sia attivo 24 ore su 24 sui Social Media non significa che lo si possa contattare in qualsiasi momento e per qualsiasi cavolata passi per la testa.

Anche i SMM hanno una vita. Indi per cui, salvo specifici accordi, se gli scrivete dopo l’ora di cena e questo non vi caga, sappiate che ha tutto il diritto di farlo.

7. Giudicare il SMM per come usa i Social nel privato

Per quanto io stesso mi renda perfettamente conto di quanto l’uso personale dei Social influisca sulla nostra immagine pubblica, tra l’utilizzo professionale e quello privato può esserci spesso una sostanziale differenza, specie in termini di forma.

Io, ad esempio, quando condivido le mie riflessioni su Facebook o Twitter, ricorro spesso all’uso di parolacce, espressioni gergali e amenità simili. Questo non significa, però, che tenda a curare “rozzamente” anche la comunicazione dei miei clienti.

Il lavoro è una cosa, la sfera personale un’altra.

8. Fare discorsi tipo: “Ho letto così, quindi è vero!”

Quello di fondare le proprie convinzioni su ciò che si è letto o sentito in giro è un errore comune, specie quando ci si informa su su materie di cui si sa poco.

Quando non si hanno gli strumenti e le conoscenze utili a valutare il valore di un’informazione o un dato, aggrapparsi e farsi forza su di esso è da sciocchi.

Ben vengano la curiosità e la voglia di approfondire, ma uscirsene con una frase tipo: “È così perché l’ho letto/sentito lì!” può essere molto, molto rischioso.

9. Voler comunicare tramite 1.000 strumenti diversi

Whatsapp, Messenger, l’email, il telefono… Sono decine gli strumenti attraverso i quali un Social Media Manager e i suoi assistiti possono comunicare, ma se viene indicato un solo canale, bisogna sforzarsi di attenersi a quello.

Vi piacerebbe se, dopo avervi contattattato su Facebook, riuscissi a ottenere il vostro numero di telefono fisso e cominciassi a chiamarvi a casa? Secondo me no.

10. Sparire all’improvviso e rendersi irrintracciabili

Questo, forse, è l’atteggiamento più detestato non solo dai Social Media Manager, ma anche da tutti quelli che lavorano seriamente e rispettano il lavoro del prossimo.

Purtroppo i furbi ci saranno sempre, ma la capacità che hanno alcuni individui di sparire, specie quando si tratta di saldare il conto, ha qualcosa di sovrannaturale.

Al di là di quanto può essere scritto o non scritto sulla carta, quando si inizia una collaborazione professionale, educazione e rispetto vorrebbero che la si portasse a termine, oppure, se infruttuosa, che le si ponga fine in modo civile e corretto.

“Fare il vento”, così come si dice a Roma, si configura in primis come una enorme mancanza di rispetto. E questo non giova affatto all’immagine di chi si macchia di un comportamento del genere. Quindi pensateci bene prima di sgarrare.

E comunque, volemose bene!

Ora che siamo giunti al termine di questo articolo, non mi rimane che appellarmi al vostro buonsenso e chiedervi di non adottare i comportamenti appena analizzati.

Concludo lasciandovi con un concetto semplice, ma comunque importante: se volete essere rispettati, abbiate rispetto voi per primi. Sempre e comunque.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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