Arrenditi. Non farai mai i numeri che fanno le Pagine Facebook demenziali!
Bello, eh. Bello. Però checcazzo!
Giorni fa, spinto dalla curiosità e dalla voglia di fare nuove esperienze, ho partecipato a un evento organizzato da una comunità di professionisti del digital piuttosto stimata, nonché nota per essere attiva anche al di fuori dell’Italia.
È stata una serata interessante, durante la quale ho avuto modo di ascoltare, e in alcuni casi anche apprezzare, sia le esperienze di navigati addetti ai lavori, sia quelle di personaggi che stanno tuttora tentando di emergere nel panorama digitale.
Se dovessi dare un giudizio complessivo, direi che sono stati 10€ spesi bene. Se non addirittura i 10€ meglio spesi delle ultime settimane (alcolici, a parte ovviamente).
È anche vero, però, che c’è stato un momento della serata in cui il sangue mi è letteralmente andato al cervello, tanto che ancora non ho capito cosa mi abbia impedito di alzarmi in piedi e mandare tutti a quel paese. Organizzatori compresi.
In questo articolo, che in parte è anche uno sfogo, vorrei quindi spiegarvi cos’è che mi ha fatto perdere le staffe in quel modo e il perché di questa mia reazione.
Se siete dei Social Media Manager o, al contrario, non capite un’acca di social, ma vorreste sfruttare il mezzo per promuovere la vostra azienda, vi invito a continuare a leggere. Ciò che vedremo, infatti, interessa soprattutto voi…
La merda con la cioccolata
Fingiamo per un attimo di essere tutti quanti lì, in quella sala adibita all’evento, seduti in attesa che l’ennesimo speaker si presenti e racconti la propria storia.
Stando a quanto scritto sul programma, è il momento di far salire sul palco 3 giovani stelle del social: il fondatore (anzi, uno dei fondatori) di una Pagina Facebook che, grazie all’ausilio degli scatti e dei video inviati dai fan, racconta in modo ironico la vita a Roma e i due ideatori di una Pagina e un Gruppo Facebook in cui vengono raccolte recensioni e micro-storie dal carattere trash e demenziale.
Entrambe le realtà godono di un seguito piuttosto ampio, attestandosi ognuna tra i 150.000 e i 200.000 fan. Roba forte, insomma. Quantomeno per i miei standard.
Raggiunto il palco e conquistati i posti a sedere, il presentatore dell’evento si rivolge agli ospiti pronunciando una frase che suona più o meno così: “Voi con le vostre Pagine macinate numeri che le aziende si sognano la notte”.
Un’affermazione semplice, se non addirittura banale, ma che lascia passare un messaggio estremamente superficiale e pericoloso, ovvero che condividere cazzate sui social – perché, di fatto, di cazzate si tratta – e curare la comunicazione social di un’azienda, la quale è su Facebook per far conoscere il proprio brand e vendere i propri prodotti e servizi, sia la stessa cosa.
Immaginate, quindi, cosa può provare uno che si fa il culo tutti i giorni per inventarsi strategie e contenuti originali nel sentire che 3 ragazzetti – bravi, per carità – sono fighi perché fanno i numeri condividendo meme e altre cazzate del genere.
È un confronto che non ci sta e che ti manda il sangue al cervello, in quanto non tiene conto del fatto che, come tutti sanno, se c’è una cosa che sui Social si vende da sola, quella sono proprio le cazzate. E la fregna, anche.
Anche mia nonna, se non fosse per metà orba e per l’altra metà divorata dall’artrosi, riuscirebbe ad alzare millemila “Mi piace” grazie alla condivisione di vignette su Virginia Raggi e mini-racconti di vita in dialetto romanesco, magari inviati dai fan.
Ma non è questo il punto. Il punto è che chi non capisce un’acca di Social Media – come 3/4 di quelli che vorrebbero investirci – e chi, bontà sua, desidera invece diventare Social Media Manager o Specialist, sentendo una frase del genere potrebbe illudersi di poter un giorno ottenere quel popò di engagement lavorando su contenuti seri. Cosa che non esiste!
Il 99% degli utenti è sui social per cazzeggiare, ossia per svagarsi. E questo fa sì che, più cazzate vengono proposte all’utente, più questo si affezionerà alle realtà che le propone, dando vita a un circolo di amore reciproco pregno di interazione.
Quale altro brand, azienda, prodotto o servizio può dire di fare questo stesso effetto all’utente medio? Quale? Io non ne conosco.
E non mi dite Ceres o Taffo perché vi meno di botte…
Essere realisti paga, fare i fenomeni no
Voglio concludere questo articolo rivolgendomi a te, imprenditore che desideri portare la tua azienda sui social e che hai in testa i like, i commenti e le condivisioni macinati dalla Pagina “Sei di Berlino Ovest se…” o da “Spremere il ketchup sulla statua della Madonna e gridare al miracolo per essere eletto Papa”: se il tuo prodotto non sono le cazzate – e non lo sono – togliti dalla testa l’idea di poter ottenere quel tipo di risultati, perché non li otterrai mai!
Hai una trattoria a conduzione famigliare in un paesino di 5.000 anime? Non avrai mai tanti like quanti ne vedi sui post di “Welcome To Favelas”. Fattene una ragione.
Che poi non è dei like che ti devi preoccupare, ma di quanta gente deciderà di venire a mangiare da te dopo che ti avrà trovato su Facebook. Perché con i like non ci paghi mica lo staff o i fornitori; con i soldi, invece, sì.
Alla prossima!
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