Perché Zuckerberg odia i link e come li penalizza su Facebook

Perché Zuckerberg odia i link e come li penalizza su Facebook

Il pallone è mio e decido io, vabbene?

Chi come me possiede un blog e sfrutta i social network per promuovere i propri articoli, di certo se ne sarà accorto: su Facebook, i link che puntano verso l’esterno non godono della stessa visibilità sulla quale, invece, possono contare gli aggiornamenti di stato, le foto e i video.

Questo perché lo zio Mark odia il fatto che gli utenti lascino la sua piattaforma e fa di tutto affinché non accada, compreso il limitare la diffusione di tutto ciò che è fuori dal suo mondo.

D’altronde il pallone, così come “il campetto”, sono suoi e noi non possiamo fare altro che accettare le sue regole, oppure andarcene, sperando di trovare fortuna e visibilità altrove.

Alcuni giorni fa, grazie ad un semplicissimo esperimento, sono finalmente riuscito ad avere conferma di questa dinamica e in questo articolo voglio condividere i miei risultati con voi.

Sò 3 etti de copertura organica. Che faccio, lascio?

Un link ed un’immagine: entrambi condivisi dalla stessa Pagina Facebook, quella di questo blog, nello stesso fine settimana e nella medesima fascia oraria, quella relativa al primo pomeriggio.

Questa la situazione di partenza che ho deciso di impostare e che, nel giro di poco meno di 48 ore, mi ha fornito in modo chiaro ed evidente le risposte che stavo cercando.

Vediamo, quindi, quali sono stati i numeri generati dai due post, cominciando proprio da quello che, come è facile supporre, rappresenta il tipo di contenuto che condivido più spesso: il link.

Facebook Insights - Link

195 persone raggiunte e 85 interazioni, tra cui 9 condivisioni.

Un discreto bottino, specie se si tiene a mente il fatto che la Pagina Facebook di bennaker.com, nel momento in cui ho condiviso il post, non raggiungeva neanche i 700 fan.

Quelli che vedremo ora, invece, sono i risultati generati dalla condivisione dell’immagine:

Facebook Insighits - Image

563 persone raggiunte e 34 reazioni, tra cui 2 condivisioni.

Anche in questo caso, il raccolto non è certo da disprezzare, ma c’è qualcosa che non torna: come ha fatto questo post (34 reazioni, tra cui 2 condivisioni) a raggiungere più del doppio delle persone raggiunte da quello precedente (85 reazioni, tra cui 9 condivisioni)?

Tu fai un favore a me, io faccio un favore a te

La risposta a questa domanda è semplice:

Su Facebook, la visibilità di un post dipende soprattutto dalla tipologia alla quale questo appartiene, in quanto l’algoritmo è strutturato per dare maggiore visibilità ai contenuti “interni” (le foto e i video) e meno a quelli che rimandano l’utente all’esterno (i link).

L’astuto Zuckerberg, quindi, ha silenziosamente e progressivamente strutturato un meccanismo che funziona come una sorta di “recinto digitale”, all’interno del quale la possibilità che l’utente imbocchi una via di fuga è prossima allo zero.

E sì, so benissimo che anche nella didascalia dell’immagine da me pubblicata c’è un link, ma non avendo condiviso solamente quello, ho comunque “regalato” un contenuto a Mr. Facebook, il quale ha ricambiato il favore dandogli una visibilità degna di questo nome.

Lo zio Mark è riconoscente, ma non tonto

Arrivati a questo punto, se state pensando che per far viaggiare i vostri link all’interno di Facebook basti associare loro una foto un video, vi sbagliate di grosso.

Pur non potendolo provare, infatti, ho il fortissimo sospetto che l’algoritmo “si accorga” dell’adozione sistematica di questo escamotage, penalizzando coloro che se ne approfittano.

Il mio consiglio, dunque, è quello di ricorrere alla condivisione di un link “mascherato da contenuto” solo quando questo è strettamente necessario, ovvero tutte quelle volte in cui sarà veramente importante che il post “spacchi” su Facebook e macini il maggior numero di click possibili.

Siate giudiziosi, dunque, e il buon Mark vi ricompenserà come meritate.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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17 risposte

  1. AndyT ha detto:

    Benvenuti su Facebook – ogni resistenza è inutile.

    Con affetto, zio Mark 😀

  2. Francesco Magnani ha detto:

    Un’altra cosa di cui mi sono accorto è che quando si condivide un link per intero non allega più l’immagine, è necessario abbreviarlo.

  3. Nick Montevecchi ha detto:

    io aprirei un capitolo anche sulla questione “qualità delle interazioni” in rapporto a bgt/canale. Provate a sponsorizzare un post a livello regionale per un giorno con 10-15€ (un tempo più che sufficienti se ben targetizzati sugli interessi): al 90% le interazioni saranno di egiziani, pakistani o bengalesi. La percentuale poi cala in modo inversamente proporzionale al budget allocato.

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @nickmontevecchi:disqus 🙂

      È un capito che ho aperto (e chiuso) già tempo fa, risolvendo in questo modo: https://bennaker.com/facebook-advertising-connessioni/

      😉

      • Nick Montevecchi ha detto:

        ciao Simone, grazie della risposta!
        eheheh certo, restringere l’audience ad “amici dei miei fan” è sicuramente una soluzione, ma solo se fai campagne in un contesto geografico in cui già operi. La mia agenzia sviluppa campagne a livello nazionale e internazionale votate al consolidamento della brand awareness (quindi in mercati che non conoscono la marca): adottare una strategia di questo tipo, ammesso e non concesso di avere un pugno di fan già acquisiti in quell’area, si traduce in un percorso davvero eterno di “scalabilità” dei fan, non credi?

        • Simone Bennati ha detto:

          Beh, sì, decisamente…

          Una necessità come la tua è molto diversa dalle situazioni con le quali mi trovo ad avere a che fare io. In casi del genere ho trovato molto utile andare a lavorare su valori come livello di istruzione e professione. Sono cose che, ad esempio, nei profili fake non vengono specificate quasi mai. Se quindi uno ha in mente un target che si presume abbia raggiunto un certo livello di studio o lavora in uno specifico settore, potrebbe provare ad adottare questo tipo di scrematura.

          Magari c’hai già pensato e provato e io sto solo ripetendo quello che per te è ovvio, ma la butto lì lo stesso 😀

          • Nick Montevecchi ha detto:

            Le abbiam provate un po’ tutte, purtroppo quando fai attività molto ampie in termini di tgt accetti il rischio di trovarti la fan base inquinata da questi risultati perché comunque il bgt compensa (diciamo che i fake pesano un 3-5% delle acquisizioni). Il discorso cambia molto quando fai campagne di prodotto ristrette, con bgt mirati… e su questo sto ancora pensando. bisognerebbe capire anzitutto il perché del fenomeno, ma non voglio portarti offtopic 🙂 grazie della discussione!

          • Simone Bennati ha detto:

            Grazie a te, @nickmontevecchi:disqus 🙂

  4. In effetti è qualcosa che avevo intuito anche io, ma non con la tua stessa dinamica analitica. Quando pubblico semplici immagini sulla mia pagina Facebook ottengo più interazioni di un link spammati poi a destra e a sinistra. Ma quello che ho pensato è semplicemente che “un’immagine vale più di mille parole” e si tratta di comunicazione diretta e senza fronzoli. La gente non apre link per leggere, preferisce un thumb up a qualcosa di più immediato. Eppure la tua riflessione mi porta a pensare che in questo c’entri anche lo zampino di Facebook.

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @giuseppe_a_d_angelo:disqus ,
      anche a me piacerebbe che la causa sia il fatto che “un’mmagine vale più di mille parole”, ma purtroppo il motivo non è quello 🙂

      Lo zio Mark è furbo, molto furbo! 😉

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