Il fenomeno degli “accolli” sui Social Network

La piaga degli accolli su Twitter

Il buono, il brutto e il cattivo

Quello di tracciare i profili dei tipici frequentatori dei Social Network è un obiettivo che mi sono dato ormai da parecchio tempo. Diciamo pure sin da quando ho scoperto Facebook, nel 2008.

In articoli come Le 5 scuse più assurde per non retwittare e 5 modi di sprecare malamente la bio di Twitter, ad esempio, ho provato a descrivere il comportamento di alcuni degli utenti tipo con i quali ho avuto a che fare negli anni, evidenziandone le caratteristiche e gli aspetti più strambi.

Oggi vorrei accantonare per un attimo le classificazioni generiche e concentrarmi insieme a voi su quello che, forse, è il tipo di utente che mi ispira maggiore curiosità: il cosiddetto“accollo”.

Vediamo che tipo di utente è e cosa lo rende così particolare…

Cos’è un “accollo” e cosa significa “accollarsi”?

Nella lingua italiana, il termine “accollo” è uno di quelli che assumono un significato diverso in base al contesto in cui vengono utilizzati. Il Vocabolario Treccani, ad esempio, ne riporta ben 4:

Accollo - Vocabolario Treccani

A questo poker di possibili significati ne va però aggiunto un quinto, il quale affonda le proprie radici nel dialetto romanesco. Nella Capitale d’Italia, infatti, la parola “accollo” viene utilizzata per indicare un individuo pedante ed onnipresente, il quale non riesce a dosare la propria presenza.

Guardando ai Social Network, potremmo considerare un “accollo” quel tipo di utente che, fissatosi con qualcuno, tende a sfruttare ogni occasione utile per stabilire un contatto.

Tipico, ad esempio, è il caso in cui chi è vittima di un “accollo” finisce con il ritrovarsi sistematicamente subissato dai messaggi e dai commenti di colui o colei che lo ha preso di mira.

Un atteggiamento, questo, che nei casi più eclatanti assume i contorni dello stalking.

Perché accollarsi a qualcuno?

Il mio sospetto è che comportamenti del genere siano figli di un profondo senso di solitudine, il quale spinge coloro che si accollano a conferire una grandissima importanza alle relazioni online, perdendo, così, il senso della realtà e della misura.

Io stesso ho provato la spiacevole sensazione di sentirmi soffocato da qualcuno e, nel momento in cui la situazione è diventata insostenibile, ho eretto un muro e chiuso i ponti.

Purtroppo, non potendo sapere con certezza con chi si ha a che fare, nel momento in cui si decide di mettere un punto bisogna necessariamente agire con estrema cautela, pena la possibilità di peggiorare ancor più la situazione e ritrovarsi, quindi, in guai seri.

Iperconnessi, ma sempre più soli

Ciò mi spaventa di più è che sui Social Network vedo sempre più utenti che si accollano ad altri.

Persone forse drammaticamente sole e che trovano nelle relazioni costruite via Internet l’appagamento e l’attenzione che altrove, ovvero “nella vita vera”, non riescono ad ottenere.

La mia impressione, dunque, è che, nonostante la tecnologia ci permetta di raggiungere chiunque vogliamo, in realtà siamo sempre più soli. E coloro che si sentono soli già oggi, ci si sentiranno ancor più domani.

Un po’ come dice Joss Palmer, interpretato da Matthew McConaughey, nel film Contact:

“La domanda che io pongo è questa: siamo più felici come razza umana? Il mondo è fondamentalmente un luogo migliore grazie alla scienza e alla tecnologia? Facciamo la spesa da casa, arriviamo su internet, ma allo stesso tempo ci sentiamo più vuoti, più soli e più isolati l’uno dall’altro di qualsiasi altro periodo della storia dell’uomo. Stiamo diventando una società sintetica, virtuale. Dimentica degli autentici valori umani.”

È veramente così? E, se sì, cosa possiamo fare per salvare la situazione?

Alla prossima!


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Simone Bennati

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8 risposte

  1. Monica ha detto:

    Simone ok che si avvicina il natale … Mah sinceramente non penso sia solo questione di solitudine, anzi molte volte é più una questione di protagonismo, il doverci essere per forza, sempre e comunque! Posso tralasciare quando avviene per altri scopi, ma ci sono utenti che non fanno altro compulsivamete, non é umanamente possibile commentare tutto ciò che qualcuno scrive o infilarsi in ogni interazione…
    Io personalmente affronto quello che mi si presenta su twitter in questo modo :
    “Se non ti permetto di farlo nella vita reale non te lo permetto neanche qui”.
    Può essere sbagliato o mal visto ma é sempre il mio spazio e lo gestiscono come meglio credo.
    Bel post 😉

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @disqus_Ij1eujLlKS:disqus,
      se ho parlato di solitudine e non di protagonismo è perché ho puntato a quella che, secondo me, è la fonte del tutto. Nel senso: il protagonismo c’è, ma deve essere pur generato da qualcosa, no? Mi risulta difficile che una persona che si rende compulsivamente protagonista (consentimi l’espressione) lo faccia senza un motivo alla base. Il protagonismo, dunque, come strumento per sfuggire alla solitudine, al non sentirsi importanti per niente e per nessuno e tutte quelle condizioni (reali o apparenti) affini.

      E grazie, come sempre <3

      • Monica ha detto:

        Prego Simone 😉
        Rimane lo stesso un modo errato di sfuggire alla solitudine, perché denota l’incapacità di relazionarsi, questo é solo il mio parere.
        Abbraccio 🙂

  2. Teresa Ceglie ha detto:

    Non credo che il fenomeno dell’accollo aumenti con l’aumento dell’uso della tecnologia. L’indole cacacazzi derivante da solitudine, insicurezza e difficoltà relazionali nasce, cresce, si adatta alle condizioni ambientali in cui si trova, si moltiplica e continua a esistere sotto altre forme, da sempre. 🙂

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @teresaceglie:disqus,
      forse il fenomeno dell’accollo non aumenterà con l’aumento dell’uso della tecnologia, ma il senso di solitudine? L’insicurezza? La difficoltà a relazionarsi? Dal mio punto di vista l’accollarsi è figlio di tutte queste cose, ma se queste cose dovessero aumentare a causa della tecnologia che ci allontana dagli altri, allora mi vien da pensare che aumenterà anche l’accollo in modo proporzionale.

      Ovviamente le mie sono supposizioni che vengono dall’alto della mia ignoranza 🙂

      • Teresa Ceglie ha detto:

        Ciao Simone, anche le mie sono supposizioni volanti 🙂 solo che non mi piace demonizzare la tecnologia come causa delle nostre solitudini. Secondo me il meccanismo che si innesca è invertito: è il fenomeno dell’accollo a causare l’abuso della tecnologia, non il contrario. Per come va veloce questo mondo, per quanto fugaci e superficiali sono la maggior parte dei contatti che abbiamo, sicuramente c’è una relazione tra solitudine e accollo, ma non è la tecnologia l’unica sul banco degli imputati o comunque non ne è la causa diretta. Capisci che intendo? Spero di sì. ^_^ Comunque, bell’articolo e bell’immagine! Buona giornata!

        • Simone Bennati ha detto:

          Buongiorno @teresaceglie:disqus,
          lungi da me il demonizzare niente e nessuno, specie la tecnologia, la quale mi dà pure il pane 🙂 Ho capito cosa intendi è sì, in una visione del tutto, la tecnologia è solo una delle “cause della solitudine” e sono d’accordo con te nel non considerarla la principale. Ogni tanto, però, ho l’impressione che essa funga da rifugio per un numero sempre crescente di persone e mi chiedo “Ma se non avessimo la possibilità di comunicare tramite internet e tutti gli strumenti che lo sfruttano, queste persone, cosa farebbero? Come andrebbero a saziare questo bisogno di interagire?”

          Ormai trovare qualcuno che non ha internet, almeno per me, è un problema… Altrimenti correrei a chiederglielo! 😀

          Grazie per il commento, Teresa. A presto! :*

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