Il lavoro in ufficio è morto, viva il lavoro in ufficio!
Sveglia e caffè, barba e bidet…
Facciamo un gioco: quanti di voi devono alzarsi tutte le mattine per raggiungere il proprio ufficio e svolgere un lavoro che, a conti fatti, potrebbero fare benissimo da casa?
Ovviamente non sono in grado di vedervi, ma posso comunque immaginare che le mani alzate siano parecchie, così come parecchi devono essere i sospiri di quelli che l’hanno alzata.
Ebbene, nonostante la tecnologia sia profondamente penetrata nelle nostre vite e internet abbia di fatto azzerato le distanze, sono ancora molti quelli che, loro malgrado, vivono una quotidianità fantozziana, fatta di sveglie ad orari improponibili, traversate infernali a bordo dei mezzi pubblici e una vita d’ufficio spesso malvissuta, magari perché snervante e/o avvilente.
Se questo accade è perché numerose aziende sono ancorate ad un modello di lavoro vecchio, il quale prevede che il lavoratore trascorra una media di 8 ore al giorno all’interno di un ufficio, utilizzando due strumenti, il computer e la connessione internet, che però troviamo ormai in tutte le case. Lo dimostrano i dati ISTAT del 2014, dai quali risulta che:
“Le famiglie con almeno un minorenne sono le più attrezzate tecnologicamente: l’87,1% possiede un personal computer, l’89% ha accesso ad Internet da casa”.
Appurato questo, la domanda è:
Uno che lavora 8 ore al giorno davanti al pc, perché cazzo dovrebbe stare in un ufficio?
Vox populi, vox Dei
Tormentato da questa domanda e sicuro del fatto di non essere l’unico a porsela, qualche settimana fa ho deciso di lanciare un sondaggio su Twitter, il cui scopo era proprio quello di vedere quanti vorrebbero poter svolgere il loro lavoro da casa.
Il risultato, non c’è quasi bisogno di dirlo, è stato schiacciante…
Come potete vedere, ben il 72% di coloro che hanno risposto vorrebbe lavorare da casa o quantomeno non doversi recare tutti i giorni in ufficio. Soltanto il 18%, infatti, preferirebbe continuare a fare avanti e ‘ndre tutti giorni, mentre un scarso 10% di utenti, molti dei quali liberi professionisti, esercita già attualmente la propria professione da casa.
A corollario di questi risultati, aggiungo un paio di informazioni utili alla loro interpretazione:
- La maggior parte di quelli che hanno risposto “Non tutti i giorni” hanno poi motivato la loro scelta sostenendo che vedono il lavoro da casa come alienante e, pur riscontrando i vantaggi pratici di questa soluzione, non rinuncerebbero mai totalmente a quello che è il contatto umano, ovvero all’interazione diretta con i colleghi;
- Per quanto io non ne abbia tenuto conto (mea culpa), esiste anche una 5° categoria di lavoratori, alla quale appartengono tutti coloro che non vorrebbero lavorare né dall’ufficio, né da casa, ma da un luogo terzo e neutrale, come gli ambienti di Coworking, o da ovunque ci si trovi, come prevede il concetto di Mobile Working.
Il quadro, dunque, è piuttosto variegato e complesso e di certo ci vorrà più di qualche anno affinché le aziende, nonché tutto ciò che regolamenta il mondo del lavoro, si adegui a questa evoluzione delle esigenze dei lavoratori.
Essere il cambiamento è sempre meglio che subirlo
Una cosa è certa: il tradizionale lavoro d’ufficio, complice anche la nascita di sempre nuove figure professionali legate al mondo dell’Information Technology, comincia ad andare stretto ai più.
E si sa: un lavoratore che si sente ingabbiato dalla propria condizione di lavoro è un lavoratore che lavora male, cosa che ricade in primis sull’azienda per la quale lavora.
Indi per cui, proprietari di piccole, medie e grandi aziende, che vogliamo fare?
Vogliamo fare come quando arrivò internet e lo prendemmo sottogamba, cosa che portò tante realtà a ritrovarsi con il culo per terra dopo breve tempo, oppure vogliamo mettere da parte l’ingenuità e la supponenza, facendoci noi stessi promotori del cambiamento?
Prima di rispondere, pensate al vecchio Darwin: mica lo ricordiamo perché era un coglione…
Alla prossima!
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