7 aspetti da valutare prima di mettersi a fare promozione sui Social
Una scelta consapevole
Le aziende e i brand che desiderano sbarcare sui Social si dividono in 3 categorie:
- Quelli che vogliono starci perché pensano che fare promozione sui Social sia la moda del momento, e vada quindi cavalcata;
- Quelli che si trovano costretti a farlo perché “se i tuoi competitor sono su Facebook o Instagram, allora devi esserci anche tu” [cit. di un guru a caso];
- Quelli che non seguono né le mode, né i santoni del digital, ma sono comunque convinti che i Social possano dare loro la giusta visibilità.
Premesso che nessun Social Media Manager ha il diritto di giudicare le motivazioni altrui, prima di cominciare a parlare di piani editoriali, campagne di advertising e quant’altro, trovo sia doveroso trasmettere al proprio interlocutore quei 4 o 5 concetti base utili a renderlo consapevole e portarlo a fare la scelta giusta.
Dato questo, oggi voglio condividere con voi le 7 cose che chiunque dovrebbe valutare prima di mettersi a fare promozione sui Social, così da allontanare il rischio di sprecare tempo, denaro ed energia.
Pensaci, Giacomino!
Come accennato poc’anzi, sono convinto che quella di sbarcare sui Social debba essere una scelta consapevole, il che significa che il brand o l’azienda di turno debba necessariamente possedere un set di nozioni e informazioni imprescindibili.
Volendo sintetizzare, potremmo dire che un qualsiasi soggetto interessato a farsi promozione su Facebook & Co. debba innanzitutto sapere che:
1. I Social potrebbero non essere il canale giusto su cui investire
Il primo e più importante punto sul quale voglio soffermarmi riguarda la sostanziale differenza tra domanda latente e domanda consapevole.
Pochi, infatti, sono coloro che prendono in considerazione la diversità di intenti che c’è tra un utente che fa una ricerca su Google (domanda consapevole) e uno che cazzeggia su Facebook (domanda latente). Così come pochi sono quelli che, considerata la natura del proprio prodotto o servizio, arrivano a capire su quale tipo di domanda (e quindi di strumento di marketing) sia più logico puntare.
I Social Media non sono come il nero, il quale sta bene su tutto, ma vanno alla grande con specifici prodotti o servizi. In molti altri casi, invece, ha molto più senso investire su altre forme di Digital Marketing, come ad esempio il SEM.
2. I Social non aggiungono niente, ma amplificano ciò che già c’è
È convinzione di molti, purtroppo, che i Social Media aggiungano qualità al proprio prodotto, servizio, brand o azienda. Un po’ come se fossero un upgrade.
Ebbene, non c’è niente di più sbagliato: se sei un pizzaiolo e fai una pizza da paura, grazie ai Social avrai la possibilità di far arrivare questa informazione a una grande quantità di persone; allo stesso modo, se sei un pizzaiolo e fai una pizza da schifo, questo dato raggiungerà una altrettanto sostanziosa quantità di persone.
I Social, quindi, non fanno altro che amplificare ciò che già c’è, nel bene e nel male. Certo, si può sempre raccontare che il proprio prodotto o servizio sia il non plus ultra, ma se la realtà non dovesse corrispondere all’aspettativa dell’utente, a quest’ultimo basterebbe una recensione negativa per far crollare tutto.
Occhio, quindi, a giocare sporco.
3. Identificare i propri punti di forza è il primo primo passo
Inutile girarci attorno: se un prodotto, un servizio o, più in generale, l’oggetto della propria promozione social è banale o anonimo, non avrà comunque successo.
So che magari l’avrete sentito dire 1.000.000 di volte, ma sui Social vince l’unicità, ovvero il riuscire a differenziarsi dagli altri. E non è solo una questione di forma, ma anche e soprattutto di contenuto. Prima di cominciare ad aprire pagine e profili social in giro per la Rete, ponetevi questa domanda: “Perché un potenziale cliente dovrebbe scegliere me, piuttosto che un mio diretto concorrente?”.
Se non riuscite a darvi una risposta, allora, forse, non solo non siete pronti per fare social, ma non siete neanche adatti a governare la vostra stessa azienda.
4. Non tutti Social sono utili a raggiungere il proprio obiettivo
Del fatto che non tutti i brand, nonché i prodotti e i servizi, siano adatti ai social abbiamo già parlato nel 1° punto di questo elenco, ma c’è un ulteriore elemento da considerare: l’utilità della singola piattaforma in relazione al proprio obiettivo.
Ve lo spiego con un esempio: se ho un brand di abbigliamento e il mio target è rappresentato da ragazzi tra i 13 e 17 anni, per quale motivo dovrei avere un profilo Twitter? Magari, visti i tipi di contenuto che potrei proporre (foto, video, etc.), avrebbe molto più senso aprire un profilo su Instagram, ovvero una piattaforma dove l’età media è decisamente bassa e i contenuti visivi viaggiano alla grande.
La presenza di un brand all’interno di una qualsiasi piattaforma social deve essere opportunamente giustificata, altrimenti si crea solo inutile dispersione.
5. Social Media Manager e azienda devono lavorare insieme
Non smetterò mai di ripeterlo: ingaggiare un Social Media Manager con la speranza che poi faccia tutto da solo è impensabile.
Un Social Media Manager, infatti, non conoscerà mai un’azienda o un brand quanto coloro che lo vivono e che, magari, l’hanno anche visto crescere.
Quello offerto dal Social Media Manager è un supporto di natura puramente tecnica e organizzativa, il quale deve essere opportunamente affiancato al lavoro di chi vive l’azienda, ne conosce il quotidiano e può raccontarlo.
Alla comunicazione, quindi, ci si lavora insieme.
6. Fare contenuti di qualità richiede molteplici professionalità
Credere che un Social Media Manager sia una sorta di deus ex machina capace di qualsiasi cosa, miracoli compresi, è da ingenui.
Certo, un Social Media Manager è bene che sappia di copywriting, di grafica, di advertising e via dicendo, ma se, ad esempio, volete realizzare un video utile a mettere in risalto la bellezza del vostro locale, allora avrete bisogno di un bravo video maker, ovvero di uno specialista nella creazione di video.
Allo stesso modo, se invece di un video volete pubblicare le foto dei vostri piatti, vi servirà un fotografo, meglio ancora se specializzato nel Food Photography.
Così come accade per le professionalità offline, anche le professionalità online sono tante e tutte diverse. Se, quindi, volete ottenere un risultato WOW, dovrete affidarvi a professionisti specifici e a loro volta WOW.
È una spesa? Sì, è una spesa, ma giustificata dallo stesso motivo per cui andate a farvi curare una carie dal dentista, e non dal medico di famiglia.
7. La viralità è l’eccezione, non la regola. Investi su qualità e costanza
Ultimo, ma non meno importante, l’approfondimento del concetto di viralità, così tanto nominato da chi vuole sbarcare sui Social, ma quasi mai compreso.
Ve lo dico in modo semplice: al netto di accordi di condivisione organizzata e massiva, il fatto che un contenuto diventi virale è culo. Sì, solamente culo.
Avete presente quanto è recentemente accaduto alla pagina Facebook di IKEA? Un post del genere non era certo programmato. La sua assurdità l’ha portato in poche ore a diventare virale, cosa che ha dato un’enorme visibilità all’azienda svedese.
Non si può avere come obiettivo quello di generare post virali, però si può investire su qualità e costanza, offrendo agli utenti contenuti utili e coinvolgenti.
I Social non sono una sala bingo, ma un orto da coltivare con amore.
Le regole del gioco
Questi, in buona sostanza, i 7 concetti che, a mio parere, ogni Social Media Manager dovrebbe mettere sul tavolo ogni volta che ha a che fare con un nuovo cliente.
Presi nel loro insieme, potremmo quasi considerarli una sorta di mini corso di formazione, con la differenza che a giovarne non è solo chi ascolta, ma anche e soprattutto chi parla: far capire quali sono le regole del gioco, infatti, va in primis a vantaggio di chi scenderà in campo, ovvero del Social Media Manager stesso.
Meglio un cliente informato e consapevole di uno che, non sapendo come funziona questo pazzo mondo, non saprà distinguere le vostre vittorie dalle sconfitte.
Alla prossima!
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