Perché i bot non sono il male di Instagram: 5 domande per Carlo Gatto

Perché i bot non sono in male di Instagram: 5 domande per Carlo Gatto

Bot o non bot? Questo è il dilemma

In un recente articolo per Good Working ho parlato dei bot di Instagram e di come anche io, spinto dalla voglia di capire la reale utilità di questi strumenti, abbia affidato per circa due mesi la gestione del mio profilo ad un tool di automazione.

Ora che i 60 giorni di test sono terminati, posso dire di aver appreso molto sui bot, anche se le cose migliori non riguardano questi discussi software, ma chi li utilizza.

Ciò che ho realizzato grazie a questo esperimento, infatti, è che:

  • Chi ricorre ai bot lo fa perché, a prescindere dai contenuti pubblicati, desidera veder crescere il proprio seguito ad una velocità smodata, irragionevole;
  • Chi desidera veder crescere il proprio seguito ad una tale velocità se ne frega altamente della genuinità dei follower. Basta che siano tanti e la gente lo noti.

Consapevole del fatto che il mio è stato un esperimento di breve durata e che lo stesso ha avuto come protagonista solo uno dei tanti assistenti digitali disponibili online, ho deciso di riprendere l’argomento dando la parola a qualcuno che ha molta più esperienza di me e che, al contrario del sottoscritto, sostiene che i bot possano essere sfruttati in maniera decisamente efficace e fruttuosa.

Vi lascio, quindi, alle 5 domande che ho rivolto a Carlo Gatto: amico di vecchia data, Web Designer e difensore dei bot ogni volta che tiro fuori l’argomento su Facebook.

Ciao, mi chiamo Carlo, ho 42 anni e…

Sono titolare di una web agency orientata alla progettazione e lo sviluppo di applicativi web, tra cui siti, piattaforme e-commerce, e-learning e communities. Inoltre, mi occupo sia di Design e Progettazione Frontend che di Web Marketing.

Per quanto riguarda i Social, non mi considero un grande esperto, ma piuttosto uno studente appassionato. Mi piace, infatti, affrontare l’argomento con spirito di osservazione, approfondendo e sperimentando in continuazione. Approccio, questo, che mi ha portato ad ottenere anche degli ottimi risultati.

Quando si parla di automazione sui Social Media, la prima parola che viene in mente è bot (abbreviazione di robot), sotto la quale vengono racchiusi tutti quegli strumenti pensati e programmati per compiere specifiche azioni al posto dell’uomo. Un esempio è rappresentato dai chatbot, ovvero software capaci di sostenere semplici conversazioni e utilizzati perlopiù dalle aziende.

Guardando alle piattaforme social, i bot vanno particolarmente forte su Instagram, dove il loro impiego è spesso finalizzato allo snellimento dell’attività di interazione. Sono molti, infatti, gli utenti che lasciano che a mettere like o commentare i post a loro nome sia un software, il quale spesso può anche iniziare a seguire altri profili. Un utente, ad esempio, può impostare il proprio bot affinché metta un cuore a tutte le foto contenenti uno specifico hashtag o inizi a seguire chi geolocalizza i post in un dato luogo.

Appurato tutto questo, la prima domanda che voglio farti è: che valore ha per te un’azione compiuta da un software? Al di là del discorso puramente matematico, un like dato da un programma, il quale non fa altro che seguire le regole di ingaggio che gli sono state fornite, ha lo stesso peso e significato di un like dato da un essere umano?

Ci metterò un po’ ad arrivare al punto, quindi mettiti comodo…

Partiamo da un presupposto che considero essenziale: viviamo in un mondo in cui le automazioni sono una componente importantissima per la nostra vita e il nostro benessere. La maggior parte di queste sono talmente integrate nella nostra quotidianità che non le notiamo neanche, ma ne siamo di fatto dipendenti.

Proviamo a pensare a quanti processi tecnologici lasciamo eseguire abitualmente ai nostri bot. In cucina, ad esempio: sia il forno a microonde che il famigerato Bimby non sono altro che dei processori di automazioni. E lo stesso vale per la lavatrice che ogni giorno programmiamo affinché esegua alcune specifiche operazioni (lavaggio, risciacquo, centrifuga, etc.).

Programmare delle macchine affinché ci semplifichino la vita è qualcosa che facciamo quotidianamente, e pensare di farne a meno ci spaventa.

Chiarito questo punto, so già che ribatterai dicendo: “Sì, Carlo, anche io so come funziona una lavatrice, ma in un Social è prevista l’interazione umana. Se questa viene a mancare, allora quale valore e peso possiamo dare alle azioni eseguite dai bot?”.

Capisco che sia piuttosto alienante accettare l’idea che molto spesso i profili che mettono like ai nostri post sono gestiti da dei software e che, quando va bene, solo 1/3 di quei like (se non meno) è stato messo da persone in carne ed ossa, ma se vogliamo capire questo sistema dobbiamo prima rispondere a questi 2 quesiti:

1) Perché usare un bot?

Per capire i motivi che possono spingere un utente di Instagram ad affidarsi a un bot è innanzitutto necessario comprendere come viene utilizzato questo Social.

Instagram è una vetrina, nonché il Social più amato dagli edonisti e i vanesi. Verò è, però, che sempre più persone utilizzano questa piattaforma con l’obiettivo di avere un ritorno economico. Tantissimi ci provano, pochi ci riescono.

La maggior parte degli utenti che utilizzano i Social a scopo commerciale ignora uno dei più importanti insegnamenti di Kevin Kelly, il quale diceva che per raggiungere i propri obiettivi economici non è necessario interagire con milioni di persone, ma basta conquistare 1000 True Fans.

Stando così le cose, è inevitabile che l’obiettivo di chi apre un account business su Instagram sia quello di raggiungere il maggior numero di persone possibile. Il che non è necessariamente un male, ma va comunque fatto con criterio.

Premesso che sia su Facebook che su Instagram è possibile far conoscere il proprio business affidandosi ad automazioni a pagamento (gli Ads, ovviamente) e che queste, a fronte di una certa spesa, possono essere programmate per intercettare utenti con determinate caratteristiche (sesso, età, posizione geografica, interessi, etc.), vien da sé che sfruttarle sia di gran lunga il metodo più comodo ed efficace.

Se però si possiede un profilo Instagram, ma non si vogliono spendere soldi in pubblicità, è comunque possibile attirare l’attenzione degli utenti interagendo con essi, ovvero mettendo like ai loro post, commentandoli o seguendoli.

In pratica, interagire con i profili degli altri equivale a dire: “Hey, guardami! Io esisto e posso essere interessante per te!”, nella speranza che qualcuno raccolga l’invito e decida di venire a visitare il profilo, e magari comnici pure a seguirlo.

Chiunque possieda un profilo business su Instagram sa qual è l’importanza di raggiungere un di pubblico ben definito, ed è proprio per questo che si produce in una lunga serie di attività utili a guadagnare visibilità.

Mettiamo, ad esempio, il caso del proprietario del un profilo Instagram dedicato a Santorini, nota isola situata nel Mar Egeo: come potrebbe scegliere i suoi potenziali follower e quali tipi di azioni potrebbe compiere al fine di attirare la loro attenzione?

Te ne dico alcuni. L’autore di un profilo Instagram dedicato a Santorini potrebbe:

  • Mettersi alla ricerca degli utenti che vanno spesso in Grecia, nonché di quelli che postano abitualmente foto realizzate lungo il Mediterraneo;
  • Interagire con i travel blogger, oppure cercare gli amanti dei viaggi di lusso;
  • Visitare le Popular Page geolocalizzate nelle aree di Thira o Oia (due cittadine di Santorini), mettere like alle foto e seguirne gli autori;
  • Cercare gli hashtag più utilizzati da chi attraversa quelle zone e interagire con i post dove questi sono utilizzati.

Tutto questo, ovviamente, senza dimenticare di pubblicare bellissime foto di Santorini, geolocalizzandole e corredandole con gli hashtag più popolari.

Tre l’altro, l’uso degli hashtag è fondamentale, in quanto potrebbero  portare la foto a finire nella relativa Explore Page (o Popular Page), diventando così virale.

Considerato che ogni ora si possono mettere massimo 60 like e commenti e che non si possono iniziare a seguire più di 60 account, vien da sé che potrebbe volerci molto tempo per raggiungere i profili dei potenziali True Fans.

Un lavoro impegnativo e a dir poco alienante, di quelli che dopo mezza giornata passata a smanettare ti fanno desiderare di buttare tutto all’aria e andare al mare.

Per fortuna, però, esistono i bot!

2) Come si usa un bot?

Utilizzare un bot in modo corretto non è semplice, ma neanche troppo complicato.

Molti usano programmare il proprio bot in modo che interagisca solo con alcuni tipi di profili, come ad esempio:

  • Quelli di coloro che si trovano in una determinata area geografica
  • Quelli che hanno pubblicato almeno un certo numero di foto
  • Quelli che presentano determinate keyword nelle proprie caption
  • Quelli che pubblicano post usando specifici di hashtag
  • Quelli che parlano una determinata lingua
  • Quelli che hanno interagito con determinati profili

Una volta individuate le caratteristiche che dovrebbero avere questi profili, è possibile istruire il bot affinché li segua, metta like ai post, li commenti (sconsigliato!) o invii loro un messaggio privato (sconsigliatissimo!).

Inoltre, è bene che chi decide di affidarsi ad un bot acquisisca un paio di buone abitudini, come il fatto di analizzare i propri follower almeno una volta alla settimana e l’interagire con chi scrive, rispondendo ai messaggi e ai commenti.

Ad oggi, infatti, per poter essere notati su Instagram, non basta eseguire questo rigido e laborioso protocollo, ma bisogna anche curare al massimo la qualità delle proprie pubblicazioni.

Dal mio punto di vista, quindi, il fatto che azioni ripetitive come il follow o il like siano eseguite da un bot è totalmente irrilevante. Anzi, coloro che si affidano ai bot hanno la possibilità di destinare il loro tempo ad un utilizzo meno alienante della piattaforma, dedicandosi ad attività più sane, come il rispondere ai commenti/messaggi, selezionare le foto da pubblicare e così via.

Qualcuno potrebbe obiettare facendomi notare che “non è possibile far eseguire al bot delle azioni così specifiche”, questo perché la maggior parte dei bot commerciali (più diffusi e semplici) tendono a non dare all’utente la possibilità di pianificare ed organizzare in modo capillare le azioni da fargli eseguire. Per questa ragione ritengo che anche il tipo di bot utilizzato può fare la differenza tra una crescita sana ed il suo esatto opposto, ovvero: un aumento esponenziale, ma totalmente inutile, dei follower.

Sconsiglio, pertanto, l’utilizzo di bot come “Stim Social” o “InstaZood”, mentre reputo più adatti strumenti più completi come “Jarvee” o “Gram MultiTool2, ma fate molta attenzione perché questo genere di strumenti più complessi richiede uno studio approfondito, e, semmai deciderete di usarli, fatelo soltanto dopo averne padroneggiato tutti gli aspetti tecnici.

Guardando a quella che è la tua esperienza, perché un utente di Instagram decide di affidare il suo profilo a un software? Si tratta solo di mera mancanza di tempo mista a pigrizia, oppure ti si sono presentati casi in cui, ad esempio, il richiedente di turno era convinto del fatto che un bot avrebbe potuto far crescere il suo seguito molto più rapidamente o gli avrebbe permesso di raggiungere in modo più efficace il suo target?

Come ho accennato poc’anzi, vista la crescita esponenziale del numero di account e l’incolmabile vantaggio dei profili più longevi, il modo più efficace per intercettare il pubblico di proprio interesse (senza investire in advertising) consiste nell’eseguire una serie di azioni ripetitive utili a catturare l’attenzione. Cosa che nessuno, senza l’aiuto di un bot, riuscirebbe materialmente a fare.

Non è, quindi, solo una semplice questione di tempo, ma il fatto che sia necessario produrre grandi numeri. Numeri che nessuno, da solo e senza spendere una fortuna in advertising, sarebbe in grado di produrre.

Se sei un musicista e il tuo brano d’esordio fa il botto, probabilmente non farai fatica a farti conoscere e saranno gli altri a cercarti e a cominciarti a seguire. Ma se invece sei un illustre Sig. Nessuno, allora dovrai darti molto da fare per farti notare, altrimenti rimarrai impercettibile come una goccia nell’oceano.

Purtroppo, la disinformazione ha fatto sì che molti si siano convinti chpe i bot siano una sorta di panacea (per la serie: “Se lascio fare tutto al bot avrò milioni di seguaci e diventerò una star!”), ma non è affatto così. Il tutto e subito è un’illusione!

Oltre al fatto di non doversi mettere lì a “cuorare” o commentare, quali sono i vantaggi concreti dati dall’affidarsi a un bot di Instagram? Tra i casi da te seguiti, ad esempio, ce ne sono stati alcuni in cui questa scelta ha portato il proprietario dell’account a incrementare le vendite del proprio prodotto o servizio o ad attirare su di sé l’attenzione del suo pubblico di riferimento?

Ti rispondo facendoti qualche esempio…

Fino ad oggi ho utilizzato il mio profilo Instagram personale in modo totalmente naturale: nessuna strategia, nessun bot, nessuna automazione. Anche perché lo utilizzo quasi esclusivamente per monitorare altri account miei o dei miei clienti.

Non pubblico contenuti particolarmente interessanti, né cerco di raggiungere utenti specifici. Nonostante questo, però, mi arrivano molti nuovi follower ogni giorno, i quali poi mi mollano nel giro di 48 o 72 ore (la strategia follow/unfollow).

I profili che cercano di interagire con me sono molto diversi e probabilmente nessuno di loro nutre un reale interesse per ciò che pubblico. Sono i profili di persone che cercano di intercettare utenti a caso, sperando che qualcuno (tipo me, che un followback lo do quasi sempre) decida di seguirli di rimando.

Quando poi mi metto ad analizzare i profili che seguo, capita che scopra che alcuni di questi sono realmente interessanti e allora decida di continuare a seguirli.

Quello che faccio, quindi, è limitarmi a valutare la quantità dei contenuti del singolo profilo, senza chiedermi se l’azione che ci ha fatto incontrare (like o follow) sia stata generata da un bot o meno.

I profili legati a certe mie attività o che gestisco per conto di alcuni clienti, invece, hanno un seguito composto quasi esclusivamente da follower in target con i contenuti pubblicati. E sai perché? Perché, oltre a limitare l’uso dei bot alle sole interazioni meccaniche (follow e like), faccio continuamente pulizia, ovvero elimino costantemente i seguaci fittizi.

Questo porta all’ottenimento di risultati materiali, dato che le attività commerciali legate a questi profili ne traggono ovvio vantaggio.

Se fossi meno attento, probabilmente a quest’ora ognuno di questi profili avrebbe centinaia di migliaia di follower, ma in gran parte fuori target.

Non credi che il crescente uso di bot (tanto programmati bene, quanto programmati male) da parte degli utenti stia portando Instagram a diventare una piattaforma sostanzialmente inutile ai fini della promozione?

Mi spiego: se io e tutti quelli intorno a me cominciassimo ad utilizzare i bot, i like, i commenti e i follow che ci scambieremmo non rappresenterebbero più un vero interesse, ma sarebbero solo il frutto dei calcoli che ognuno di noi si è precedentemente fatto e delle impostazioni che ha dato.

Appurato questo, la domanda è: a chi o cosa potrebbe servire un Social Media in cui le persone sono state, di fatto, sostituite da robot?

Un Social non è un impianto di produzione, in cui conta solo che alla fine esca il prodotto desiderato. Sui social “il prodotto” sono le relazioni e le interazioni tra i membri della comunità, in quanto è da queste che possono nascere occasioni di business. O c’è qualcosa che mi sfugge?

In parte è come dici tu, ma non facciamo lo stesso con tante altre cose?

Poco fa, ad esempio, hai tirato fuori il concetto di impianto di produzione: se io compro un’automobile, so perfettamente che i suoi componenti sono stati prodotti in serie e assemblati in una catena di montaggio (il settore automotive, tra l’altro, è tra quelli che fanno maggiore uso di robot), ma questo mi garantisce l’opportunità di avere un’auto ad un prezzo relativamente accessibile.

Nonostante le automazioni robotiche, però, la manodopera viene comunque impiegata in quelle fasi della lavorazione in cui la componente umana è essenziale.

Non potrebbe essere lo stesso con i bot di Instagram?

Possiamo decidere di far eseguire al bot il lavoro alienante, necessario per attirare l’attenzione, mentre svolgiamo manualmente le fasi più importanti e piacevoli, come l’interazione diretta con i follower tramite commenti e messaggi, o la creazione dei contenuti.

D’altronde, se ricevo un like o un follow da un profilo, prima ancora di chiedermi se ci sia dietro un bot, guardo i contenuti pubblicati, e sono proprio questi a portarmi a stabilire se quel profilo mi interessa oppure no.

La mia opinione, quindi, è che a fare la differenza sarà sempre la qualità dei contenuti, sostenuta da un piano editoriale efficace e da una strategia coerente con il target a cui ci si rivolge, a pari merito con del materiale fotografico impeccabile.

Senza tutto questo, l’uso dei bot è inutile. Avere milioni di followers che non interagiscono con te equivale a non avere nessun follower.

Non è il bot a decidere, ma tu

Giunti al termine di questa lunga intervista, mi auguro abbiate un’idea più chiara di cosa sono i bot e di come questi vengono impiegati su Instagram.

Nonostante i punti a favore illustrati da Carlo, che ringrazio per la disponibilità, personalmente continuo a rimanere dell’idea che affidare la gestione del proprio account a un bot equivalga ad un autogol, anche perché spesso si tende a farne un uso superficiale, cosa che potrebbe portare a gravi danni d’immagine.

Immaginate, ad esempio, cosa potrebbe succedere se il profilo Instagram di un partito di sinistra, il cui bot è stato impostato per interagire con i contenuti riportanti l’hashtag #elezioni, cominciasse a mettere like ai post pubblicati dal profilo di un partito destra. O magari a quelli degli utenti che, parlando di elezioni, scimmiottano o insultano il partito di sinistra stesso. Che figura ci farebbe con i suoi elettori?

Per non parlare, poi, dei picchi di ridicolezza raggiunti da certe interazioni palesemente automatizzate, come quella volta in cui un’azienda della provincia di Taranto commentò una foto di me da bambino con: “Hey, great landscape!”, o del fatto che i like dati ai post di un determinato profilo, se analizzati, risultino spesso appartenere a utenti decisamente non in linea con il profilo stesso, come quando l’account di un rapper peruviano interagisce con le foto di un bar di Centocelle.

Non so voi, ma a me queste cose mettono i brividi e anche parecchia tristezza…

Ciò che spesso ho difficoltà a far capire a chi mi chiede aiuto sui Social è che like, commenti e follow non sono solo interazioni su una piattaforma digitale, ma rappresentano il momento in cui un soggetto A e un soggetto B si incontrano, dando luogo a un dialogo. Se però questo dialogo è condotto da dei software, allora difficilmente si arriverà allo step successivo, ovvero quello in cui tra A e B avviene uno scambio (l’acquisto di un oggetto, la richiesta di un preventivo, etc.).

Superficialità e incapacità a parte, è questo secondo aspetto a spingermi a sconsigliare l’uso dei bot su Instagram. Se da un lato, infatti, è vero che il loro impiego potrebbe far crescere il vostro seguito ad una velocità che non avete mai visto prima, dall’altro è altrettanto vero che essere seguiti da gente che potrebbe non aver neanche aperto il vostro profilo non ha senso. Figuriamoci, quindi, quanto utenti del genere potrebbero essere utili in termini di conversione…

Concludo ricordandovi un concetto molto semplice: fare Social Media Marketing ha senso se si punta ad ottenere un ritorno offline, ovvero di natura materiale. Perché con i like, i commenti e i follower non ci si fa la spesa. Non ancora, almeno.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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