The man in a box: quando essere troppo digital diventa un limite

The man in a box: quando essere troppo digital diventa un limite

Il troppo stroppia, anche nel digital

Quello di trasformare la propria passione in un lavoro è il sogno di molti.

Spesso, però, non si considera il fatto che questo tipo di evoluzione potrebbe portare a rimanere “intrappolati” all’interno del contesto che si è scelto, diventando vittime di se stessi.

In questi giorni sto riflettendo molto su questo aspetto e, osservandomi dall’esterno, ho notato che i miei scambi con il mondo sono diventati sempre più omogenei, quasi “monotematici”.

Certo, trovare una propria nicchia di interesse alla quale rivolgersi è importante, ma cosa succederebbe se, un bel giorno, ci rendessimo conto di parlare quasi solo ed esclusivamente delle materie di nostra competenza e di non riuscire a focalizzarci su altro?

Potremmo classificarla come una sorta di ossessione o questo modo di fare è del tutto normale per chi si occupa a tempo pieno (lavoro + interesse personale) di una specifica tematica?

Di cani che si mordono la coda e altre storie

Tenendo a mente le domande di cui sopra, nel mio caso specifico la questione assume dei toni ancor più grotteschi e, per certi versi, inquietanti: occupandomi principalmente di Blogging e Social Media, infatti, strumento e messaggio collimano quasi sempre in un’unica entità, lasciando ben poco spazio a tematiche di altro tipo e, magari, ben più leggere.

Il 99% di noi utilizza Facebook e le altre piattaforme social per veicolare messaggi di ogni tipo; io, invece, sfrutto i Social Media per parlare di Social Media o il blog per parlare di Blogging.

È un po’ come essere intrappolati in una sorta di loop mentale in cui il messaggio ha quasi sempre come oggetto lo strumento con il quale lo sto diffondendo.

… E la testa se ne va per i cavoli suoi

Lo stesso si verifica anche in fase di input, ovvero quando sono io a ricevere un’informazione.

Se, ad esempio, qualcuno mi dice: “Ieri ho condiviso il video del mio spettacolo teatrale”, la mia attenzione non si focalizza sullo spettacolo, vero oggetto del discorso, ma inzio da subito a pormi domande come: “Ma da Pagina o da Profilo? E perché Facebook e non YouTube? Ma si sarà ricordato di taggatare anche gli altri attori e di attivare la geolocalizzazione?”.

Quesiti, questi, che non riguardano il tema centrale del messaggio (lo show teatrale), ma che si concentrano su quelli che, per il mio interlocutore, non sono altro che elementi di puro contorno.

Uno stato avanzato di “deformazione professionale”, lo chiamerebbe qualcuno…

A volte essere “semplici” è la cosa più difficile

Non ho idea di come funzioni per gli altri professionisti del Digital con i quali sono solito intrattenermi, né se abbiano mai avvertito l’esigenza di interrogarsi in merito a certe dinamiche.

Sta di fatto che riuscire a distaccarsi dai temi e dagli aspetti sui quali si è soliti concentrarsi può diventare molto difficile, portando ad una condizione in cui l’approccio alle attività più “leggere“, come lo scattarsi un selfie e condividerlo sui social, può diventare problematico.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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