Le richieste di amicizia su Facebook: come e quando inviarle

Le richieste di amicizia su Facebook: come e quando inviarle

Amici miei – Atto V

Ormai Facebook è diventato il paradiso dell’amicizia: tutti sono amici di tutti.

Che si tratti di un parente, di un collega o di un semplice conoscente, una volta stabilito un primo contatto, inviare la richiesta di amicizia a chi si ha avuto il piacere (o il dispiacere) di conoscere è diventato un vero e proprio rito.

Il risultato è che, ad un occhio esterno, anche l’utente più riservato e solitario sembra avere una vita sociale degna di una star di Hollywood. Ma dove finisce la realtà e inizia la finzione? Come riuscire distinguere i “veri amici” da quelli acquisiti per consuetudine, moda o mera convenienza?

Semplice: non si può.

L’utente è l’unico a sapere quanti dei suoi “amici” fanno veramente parte della sua cerchia più ristretta e quanti, invece, sono contatti superficiali, se non addirittura semplici figuranti.

Facebook non dà la possibilità agli utenti di etichettare le proprie relazioni, rendendo poi pubbliche tali etichette, ed è sin troppo facile capirne il perché.

La cernita, dunque, per chi lo desidera, va fatta a monte. Ovvero considerando, caso per caso, se inviare o accettare una richiesta di amicizia precedentemente ricevuta.

Ma quanti si fanno certi scrupoli e cosa ci si guadagna dall’essere selettivi su Facebook?

Io, che selettivo ci sono nato, posso rispondere fornendo il mio punto di vista e portando alla vostra attenzione esempi concreti di richieste d’amicizia accettate e richieste cestinate.

Sono convinto che, anche in un atto banale come quello di inviare una richiesta di amicizia, ci si debba dotare del giusto modo di fare e, soprattutto, di motivazioni più che valide.

Altrimenti che risultiamo “amici” a fare?

Il come

Ho parlato di “modo di fare” e non è certo un caso se tiro in ballo la forma. Per quanto a prevalere sui social network sia la sostanza della propria attività, la forma conserva ancora per me un immenso valore, specie quando si tratta di rapportarsi agli altri.

Lo so, le mie parole potrebbero suonarvi “antiche”, ma vi assicuro che di “antichi” come me ce ne sono parecchi in giro e moltissimi di loro “aprono la loro porta” solo se la contropare dimostra di avere cura non solo della sostanza della propria comunicazione, ma anche della forma.

Quando mi trovo a voler inviare una richiesta di amicizia su Facebook, sono solito allegare ad essa anche un messaggio privato. Un messaggio all’interno del quale, oltre a presentarmi, spiego i motivi che mi hanno spinto a cercare il contatto.

Perché lo faccio? Semplice:

Se so che per la persona che riceverà il mio invito io sono un perfetto sconosciuto, quale miglior forma di rispetto nei suoi confronti se non quella di presentarmi?

In base a cosa dovrei “bussare alla porta virtuale” di un estraneo aspettandomi che mi apra?

Alla luce di questi interrogativi, sui quali vi invito a riflettere, vi mostro l’ultimo esempio di messaggio privato che un utente (di LinkedIn, ma la questione è la stessa) ha avuto premura di farmi pervenire subito dopo avermi inviato la sua richiesta di contatto.

Richiesta di contatto su LinkedIn

Ho apprezzato molto questo gesto ed ho risposto accogliendo di buon grado la sua richiesta.

La questione, dunque, se siete un attimino svegli, capirete che va anche oltre il mero aspetto delle “buone maniere”: se volete che qualcuno vi accolga all’interno delle proprie cerchie, mostrare rispetto e cura in fase di approccio è il modo più sicuro per avere successo.

Il perché

Dopo aver parlato del modo in cui ci si approccia ad un estraneo su Facebook, guardiamo anche al motivo per il quale è lecito farlo.

Voi perché “aggiungete gente su Facebook” ? Cosa vi spinge a voler instaurare un legame, per quanto virtuale, con qualcuno che non conoscete e che desiderate entri nella vostra cerchia?

Senza considerare quelli che sono gli “amici veri”, ovvero coloro che frequento anche al di fuori del web e con i quali condivido il mio tempo libero, un buon numero dei miei contatti è formato da persone che “frequento” solo sul piano virtuale. Alcuni li conosco da più di 10 anni e non si contano le chiacchierate che ci siamo fatti in tutto questo tempo; altri, invece, sono “più freschi” e con loro mi trovo a condividere interessi, discussioni e, in qualche caso, anche progetti.

Sono comunque tutte persone con le quali con le quali interagisco, delle quali mi interesso e che si interessano a me. A farci incontrare in moltissimi casi è stato il condividere una medesima passione, dalla scrittura online fino ai videogames, e ci è quindi venuto naturale il voler dare una forma al nostro rapporto. Avevamo un motivo valido per farlo e quindi, dopo un primo periodo di osservazione reciproca, abbiamo deciso di formalizzare il tutto.

Facebook, anche da questo punto di vista, non ha fatto altro che incasinare le cose.

Si diventa “amici non-amici” come niente e, spesso e volentieri, senza alcun valido motivo.

Un esempio? Eccovi cosa mi ha risposto un utente (a me sconosciuto) dopo che gli ho scritto privatamente chiedendogli il perché della sua richiesta di amicizia.

richiesta di amicizia su Facebook

“Amici comuni”. E quindi? Anche con la Regina Elisabetta ho degli amici in comune, ma non per questo vado a chiederle di diventare amici su Facebook.

Il mio “Ok”, infatti, sta solo a significare “Messaggio ricevuto”. La richiesta è ancora lì dove l’ho lasciata.

Il fatto è che molti di quelli che ti aggiungono alle proprie amicizie con motivazioni del genere, poi non ti cagano di striscio. Tutto quello che vogliono, infatti, è ampliare il loro numero di contatti o, per meglio dire, “il loro pubblico”. Sperano dunque che, arrivando le loro condivisioni sul feed di un numero sempre crescente di persone, aumenti la loro visibilità.

Forse l’esempio appena fatto non rientra in questa casistica, ma posso assicurarvi che gran parte della gente è così che ragiona e me ne rendo conto ogni giorno di più.

Mi arrivano un sacco di richieste di amicizia su Facebook. La maggior parte di esse le accetto e do all’utente una settimana di tempo per presentarsi o palesarsi in qualche modo. Scaduto questo termine, se egli non ha mostrato segni di vita, lo rimuovo dai contatti e tanti saluti.

Io non ci sto a fare il figurante, né  tantomeno a fare da pubblico. Se uno vuole instaurare un rapporto virtuale con me, la mia porta è aperta, ma non mi deve prendere per il culo.

Reale o virtuale che sia, una relazione è una relazione

Scindere la “vita reale” da quella virtuale ormai ha veramente poco senso.

Quel poco, a mio parere, si dissolve nel momento in cui si tirano in ballo le relazioni.

Credo che se una persona è educata, rispettosa e motivata, non cambi il suo modo di essere in base al mezzo attraverso il quale comunica col prossimo.

I cafoni rimangono cafoni, pure quando stanno dietro ad un monitor. Allo stesso modo, coloro che sanno comportarsi mantengono le buone maniere anche online.

Non fate l’errore di pensare: “E vabbè, ma tanto è Facebook. Che cazzo me frega?”, perché quelli che per voi oggi sono solo dei profili su un social network, domani potrebbero diventare vostri colleghi, capi o magari gente di cui avrete bisogno. E se quel giorno arrivasse davvero e, ripensando al passato, doveste accorgervi di aver approcciato in modo becero? Che farete?

Buona fortuna.


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Simone Bennati

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