Stomaco e cervello: i due organi chiave per un’ottima Content Curation
La condivisione è un lavoro di squadra
È ormai qualche anno che mi sono dato una regola, quella di condividere ogni giorno con i miei profili social un contenuto inerente il mondo del Digital.
Una news, un editoriale, una guida, un’indagine, un grafico… Qualsiasi cosa riesca a colpirmi e che, una volta approfondita, mi convinca a darle visibilità.
Per aiutarmi nella ricerca utilizzo Feedly, un feed reader nel quale ho caricato più di 100 fonti e che ogni mattina consulto al fine di individuare il contenuto del giorno.
Ad essere coinvolti in questo quotidiano processo di selezione ci sono anche due organi: lo stomaco e il cervello. Entrambi fondamentali, ma con funzioni diverse.
Lasciate, quindi, che vi illustri il loro ruolo e vi spieghi perché, se mi limitassi a interpellare solo uno dei due, la mia attività di Content Curation ne uscirebbe fortemente menomata.
Dr. Brain & Mr. Stomach
Come detto poc’anzi, sono cervello e stomaco a guidarmi nella scelta dei contenuti da condividere. Ed è proprio lo stomaco il primo ad essere chiamato in causa.
Il perché ve lo spiego attraverso un semplice esercizio di fantasia…
Scegli con la pancia
Immaginate la scena: siete alla stazione Termini di Roma e la voce al megafono ha appena annunciato che il vostro treno partirà con più di mezz’ora di ritardo.
Amareggiati e imprecanti, decidete di alleggerire l’attesa andando a farvi un giro da Borri Books, la libreria su 3 piani che domina il centro dell’atrio.
Varcato l’ingresso, il sapere di essere rimasti con pochi soldi nel portafogli vi spinge verso un cestone che, fosse stata un’altra occasione, avreste bellamente ignorato: quello contenente i libri usati e le rimanenze di magazzino. Roba forte, insomma.
(NOTA: Non so se da Borri Books abbiano veramente un cestone del genere, ma facciamo finta che ci sia e sia anche piuttosto voluminoso.)
A un certo punto, tra una copia de “Il Palazzo e la Piazza” di Bruno Vespa e una del “Manuale di Matematica per l’Analisi Economica”, spunta lui: “Il Dio della Scopata” di Ben Meyers, con la sua copertina arrogante e il suo titolo scorretto e provocatorio.
Mentre siete lì lì per afferrarlo, la voce al megafono si fa sentire di nuovo: il vostro treno non è più in ritardo e avete 2 minuti per raggiungere il binario.
Ora, se aveste la possibilità di portare con voi solo uno di questi tre titoli, quale scegliereste? “Il Palazzo e la Piazza”, il “Manuale di Matematica per l’Analisi Economica” o “Il Dio della Scopata”?
Magari peccherò di presunzione, ma sono praticamente certo che la maggior parte di voi sceglierà di portare con sé “Il Dio della Scopata”. Se non altro per scoprire l’identità di questa fantomatica divinità del sesso della quale si fa cenno.
Quando dico che scelgo con lo stomaco, è esattamente a questo che mi riferisco: al fatto che scelgo il contenuto da approfondire sulla base di ciò che questo mi trasmette a pelle, ovvero alla curiosità e alle fantasie che un pugno di parole (il titolo) e un’immagine (la copertina) riescono a suscitare in me.
Se non scatta questo colpo di fulmine, al passaggio successivo non ci arrivo. E non credo di essere l’unico.
Ragiona con la testa
Una volta saziato lo stomaco, è il turno del cervello, il quale ha il compito di analizzare il contenuto. E parlo di un’analisi tecnica, qualitativa. Quella dei periodi, della punteggiatura, dei verbi, ma anche dei significati, dei messaggi, dei dati.
Non è sufficiente, infatti, che un articolo attiri la mia attenzione per portarmi a condividerlo. Non sono uno di quelli che si fermano al titolo, né uno di quegli altri che vanno a fiducia. “Tanto l’autore lo conosco, è bravo”. No, non è nel mio stile.
Nel momento in cui un pezzo riesce a incuriosirmi, nel mio cervello si creano delle aspettative, le quali dovranno essere soddisfatte non solo da un punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto contenutistico. Quello della sostanza, insomma.
Se intitoli il tuo libro “Il Dio della Scopata”, ma poi non ne sveli l’identità, allora hai preso in giro il tuo lettore. E un lettore che si sente preso in giro è un lettore perso. Così come persa è la possibilità che quel contenuto venga condiviso.
In buona sostanza: il compito del cervello è quello di verificare che ogni cosa sia al suo posto, ovvero che l’articolo sia corretto, scorrevole e mantenga le promesse.
Se si desidera portare avanti un’ottima attività di Content Curation, i contenuti che non sono corretti, scorrevoli e che non mantengono le promesse vanno esclusi.
Solo così, infatti, coloro che ci seguono continueranno a farlo e a considerarci un punto di riferimento. È la fiducia il motore di tutto. E non va mai tradita.
La Content Curation è un 50 e 50
Riassumendo: per fare Content Curation bisogna scegliere con lo stomaco e ragionare con la testa, ovvero dare spazio sia all’emozione, sia alla razionalità.
Un contenuto che suscita curiosità, ma che tradisce la stessa con una sostanza infima o una forma scorretta, genera disappunto e frustrazione nel lettore. Allo stesso modo, un contenuto con un valore informativo elevato e tecnicamente corretto, ma del tutto privo di appeal, finisce con l’essere ignorato.
Scegliete con cura i contenuti da condividere, perché è da questo che dipenderanno l’interesse e la costanza con i quali sarete seguiti.
Alla prossima!
[Illustrazioni di Viviane Valenta]
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