Social Media e Fotografia: 5 domande per Daniela Ceravolo
Un’immagine vale più di 1.000 parole
Lo so: ho iniziato questa intervista con la più banale delle citazioni, ma quando si parla di fotografia non può che essere lei la prima a venire in mente.
Quella di oggi sarà un’intervista totalmente incentrata sul mondo dell’immagine nel web. Un mondo in cui, grazie soprattutto all’avvento dei social media, la fotografia utilizzata come mezzo di comunicazione ha preso letteralmente il sopravvento, arrivando spesso a scavalcare la parola.
E’ proprio per questo che ho voluto chiedere l’aiuto di Daniela Ceravolo, la quale, oltre ad essere una cara amica, è una fotografa con i controcazzi (nonché una cuoca straordinaria, ma questo aspetto lo approfondiremo solo verso la fine dell’intervista…).
Lascio dunque a lei la parola, certo del fatto che coloro che vivono la sua medesima passione troveranno nelle sue risposte preziosissimi consigli su come promuovere attraverso i social media i propri lavori, siano essi amatoriali che professionali.
Ciao, mi chiamo Daniela, ho 34 anni e…
… Vorrei passare alla prossima domanda!
Ok, ricominciamo.
Ciao, mi chiamo Daniela, ho 34 anni e non amo parlare di me.
Il modo più facile per inquadrarmi è guardare attraverso le mie passioni. Amante di cinema, fotografia e cucina (ed altre mille cose), da un po’ di tempo cerco di incastrare tutto insieme e, a volte, mi resta anche un po’ di tempo per la vita privata.
Il cinema è la mia prima e grande passione e l’ho trasformata in lavoro.
Sono figlia di un fotografo e ho iniziato a gattonare nella camera oscura di mio padre quando ancora era solo un fotoamatore. Non ricordo il momento esatto in cui ho preso in mano la prima reflex, ma ricordo perfettamente che essere figlia di un fotografo non bastava e che le tecniche base della fotografia non mi erano state trasmesse nel DNA.
Fotograficchiavo un po’ (tutto in automatico, eh) quando ho conosciuto colui che, oltre mio padre, mi ha fatto veramente appassionare alla fotografia.
Nel 2010 stavo lavorando ad un film in Calabria e ho avuto l’onore di conoscere un grande fotografo: Joe Oppedisano.
Durante le riprese di quel film mi occupavo di produzione (come sempre, del resto!) e non potevo trascorrere il tempo parlando con lui o seguendo il suo lavoro. Mi sono quindi dovuta accontentare di rubare con gli occhi, imprimendo bene in mente il suo atteggiamento e il suo approccio alla fotografia.
Joe è conosciuto, tra le altre cose, per aver creato uno stile fotografico tutto suo rinnovando e reinventando il genere del ritratto. Date un’occhiata alle sue opere, non ve ne pentirete di certo!
Tornata a Roma ho iniziato a studiare fotografia, ho fatto parecchi corsi ed ho iniziato a sperimentare fotografando qualsiasi cosa mi si ponesse davanti.
Adesso fotografo in modo semiprofessionale da 4-5 anni ed ho scoperto, anche grazie a Joe, che amo catturare l’emozione di una “messa in scena”: che sia un concerto, un set cinematografico o una pièce teatrale mi piace l’idea di riuscire a catturare ed esaltare qualcosa che è stato pensato per essere bello e trasmettere emozioni.
Mettiamo il caso che io sia un fotografo emergente e che voglia portare la mia attività sul web allo scopo di farmi conoscere, quali consigli ti sentiresti di darmi? Da dove dovrei cominciare a costruire la mia immagine online?
La prima cosa che potrei consigliarti è: scattare, scattare, scattare.
Henri Cartier-Bresson diceva:
“Le tue prime 10.000 fotografie sono le peggiori”
Chi siamo noi per contraddirlo?
Penso che di base serva avere un’immagine da mostrare. Un’immagine che sia chiara in primis a noi e che poi risulti chiara anche agli altri.
Non amo particolarmente la gente che dice di saper fare ogni cosa, così come non amo i fotografi che pensano di poter fotografare tutto e saperlo fare bene.
Ogni tipo di fotografia ha le sue regole, i parametri di sicurezza entro cui una foto è “tecnicamente giusta” . Non si può fotografare nello stesso modo un fiore o un concerto punk.
E’ come fare una crostata: se la vuoi friabile aumenti il burro, se la vuoi croccante aumenti lo zucchero. Non potrai mai fare una crostata friabile e croccante allo stesso tempo!
E’ vero che le migliori fotografie nascono da qualcuno che ha infranto le regole, ma bisogna conoscerle bene per poterle infrangere!
Ok, ad un certo punto avremo un numero considerevole di foto che ci piacciono. Come utilizzarle? Cosa possiamo fare perché le fotografie parlino di noi e contribuiscano alla costuzione della nostra reputazione online?
Creare un portfolio è un ottimo punto di partenza per costruire la propria immagine online, ma bisogna avere bene in mente il messaggio da trasmettere: possiamo decidere di raccontare un viaggio, un concerto o i vicoli di un paesino immerso nella neve, l’importante è avere chiaro il filo conduttore che accompagnerà l’occhio dello spettatore dalla prima all’ultima foto.
Ci sono milioni di fotografi in rete. Siano essi amatori o professionisti, la mole di immagini che ogni giorno vediamo è imbarazzante. L’unico modo per emergere, secondo me, è curare la reputazione online attraverso la qualità delle proprie foto: dal sito personale fino ai social media, tutto deve trasmettere un messaggio, un’impressione, un’idea.
Non basta fare una foto bella e metterla su Facebook! E’ necessario che quella foto trasmetta qualcosa e che, sfruttando tutte le potenzialità del web, possa arrivare anche all’osservatore più distratto. Se quell’osservatore sarà colpito dalla nostra foto, allora la nostra immagine online ne avrà tratto giovamento e quello spettatore potrebbe diventare un nostro cliente.
Sintetizzando, ci sono poche regole a cui mi attengo per migliorare la mia immagine online:
- Cura la qualità: Le immagini postate da un fotografo devono essere belle e devono far capire che si tratta della pagina social di un fotografo. Che si tratti dell’immagine di copertina di Facebook o della bacheca di Pinterest, con un colpo d’occhio si deve capire di cosa si sta parlando. Gli utenti dovranno capire che sei un professionista sin dalla prima foto che vedono. E’ ovvio che ci saranno degli scatti che andranno al di là della tecnica: una foto emotiva e “tecnicamente sbagliata” potrebbe avere una risposta migliore, ma resto dell’idea che una buona tecnica ripaghi sempre.
- Diversifica i contenuti: Non puoi sapere che tipo di followers avrai. Ogni utente è diverso ed attento ad una tipologia di contenuto piuttosto che ad un’altra. Proponi i tuoi scatti in diverse vesti e attirerai una attenzione maggiore.
- Pensa al pubblico: Ricorda sempre che gli utenti sono persone e come tali vanno trattate. Il fotografo non è un brand ed è quindi giusto far trasparire anche la propria umanità.
- Interagisci: Postare contenuti va bene, ma vanno controllate le eventuali reazioni. Quando inizierai ad avere followers attivi, inizieranno ad arrivare commenti (o critiche) al tuo lavoro. Se qualcuno ha commentato una tua foto, rispondi e se qualcuno ha condiviso sulla propria bacheca il tuo lavoro, ringrazialo. Inoltre, conoscendo i tuoi followers potrai creare contenuti sempre più interessanti e magari dall’interazione con un follower può nascere l’idea per un prossimo progetto.
Provare non costa nulla!
Nell’ambito dei social network, quali sono le piattaforme che hanno premiato e premiano maggiormente la tua attività di fotografa?
Di social legati alla fotografia ce ne sono a bizzeffe, ma io ho scelto di dedicarmi principalmente a Flickr, Pinterest, Facebook, Twitter e Instagram (per le foto legate al mondo “food”).
Secondo me non c’è un social migliore o uno peggiore per un fotografo, visto che ormai è tutto collegato. Posso postare una foto sul mio account Flickr e con pochi click condividerla su tutti gli altri social network. E’ una questione di pochissimi secondi.
Flickr è frequentato quasi esclusivamente da fotografi e fotoamatori e le visualizzazioni sono irrilevanti, tanto che io lo utilizzo quasi esclusivamente come portfolio online.
La velocità con cui si interagisce su Twitter, secondo me, non premia i fotografi. Raramente vedo belle foto e, anche volendosi soffermare sulle rarità, sono foto sbattute online senza un obiettivo preciso, senza identità. Insomma, sono belle foto e basta! Colpa del mezzo che, a mio parere, è utile solo se sfruttato al fine di far arrivare l’utente su altri lidi.
Pinterest è il social delle immagini per eccellenza. A differenza di Instagram, nel quale la visione delle immagini passa per lo più tramite l’utente che segui, su Pinterest si ricercano immagini specifiche, al di là di chi sia l’utente.
Più spazio alle immagini e meno alle parole, dunque: un paradiso per chi come me ama guardare fotografie studiandone i vari punti di vista.
Alla fine rimane il buon vecchio Facebook. Che lo si ami o che lo si odi, Facebook rimane il social più conosciuto e, nonostante le mille limitazioni per le pagine, è quello in cui l’interazione può essere più continuativa. Tanto con la pagina dedicata al mio lavoro di fotografa,quanto con quella per il mio foodblog, mi sono resa conto che riesco ad avere maggiore continuità su Facebook più che sugli altri social.
Qualche tempo fa ha cominciato a circolare sul web una battuta che recita: “Ho una Reflex, quindi sono un fotografo” e che punta a sottolineare con quanta facilità la persone tendano ad attribuirsi competenze e capacità che, di fatto, non possiedono. A tale proposito, l’arrivo di strumenti come gli smartphone e piattafome come Instagram hanno in qualche modo intaccato quella che è la figura del fotografo professionista? Anche un fotografo, ad oggi, si sente rispondere da un potenziale cliente cose come “Mio cugino, che seguo su Instagram ed è bravissimo, mi fa lo stesso lavoro per 50€” ?
Assolutamente sì! Ormai sono tutti fotografi. Non serve neanche una reflex, basta un cellulare.
Non sono totalmente contraria alla cosa, però…
Nel passato la fotografia era per gli appassionati e coloro che stampavano più di un rullino al mese erano fotoamatori.
Il fruitore medio era quello che faceva le foto ai compleanni, al mare o ai bambini appena nati. Spesso con pessimi risultati!
I professioniti, però, avevano le palle.
Calibravano ISO (all’epoca “ASA” ed i rullini avevano un diverso numero di ASA in base a ciò che volevi fare), tempi di esposizione e diaframma senza aver un monitor con il quale controllare l’effetto finale. Sapevano come regolarsi in base alla luce e al tipo di pellicola che stavano utilizzando, una vera magia!
Quindi la fotografia “vera” e “bella” era poco raggiungibile.
Con l’avvento del digitale tutti possono fotografare qualsiasi cosa, in qualsiasi momento (anche se alcuni momenti dovrebbero essere evitati!!) e condividerlo sui social nell’arco di pochi istanti, ma ci sono delle evidenti controindicazioni in merito a questa apertura alla fotografia:
- La gente non ha più fotografie su carta. Sarò vecchia, ma amo rivedere le foto di quando ero bambina ed emozionarmi. Non ci saranno ricordi su carta per i bambini nati negli ultimi dieci anni, a meno che non si cambi mentalità. Abbiamo decine di hard disk sparsi per casa e profili social pieni di foto riguardanti ogni momento della nostra vita ma, in entrambi i casi, sono foto destinate a sparire. Gli hard disk si rompono, i social si chiudono o si dimenticano e migliaia di foto finiscono così nel dimenticatoio, sparendo per sempre. E’ notizia di pochi giorni fa che Vint Cerf, uno dei padri di internet e “Chief Internet Evangelist for Google” ha predetto un prossimo medioevo digitale, consigliando di stampare le foto a cui teniamo. Paura? Io un po’ sì!
- Tutti hanno un cugino o un parente che sa fotografare. La cosa può andar bene fin quando si tratta di fotografare il gatto o le vacanze al mare, ma quando si tratta di fotografare un evento irripetibile come un matrimonio? Cosa succede se il cugino fallisce nell’impresa? Succede che poi si corre dal fotografo e si prega perché si recuperi qualcosa dall’accozzaglia di foto messe insieme. E questo nei migliori dei casi… Nel peggiore, invece, il cugino si è dimenticato di accendere la macchinetta e quindi niente foto! Il punto è che ogni professione va rispettata. Io non mi sveglio la mattina decidendo di voler fare l’architetto, perché qualcuno dovrebbe svegliarsi e pensare di poter improvvisare il mio lavoro?
Recentemente hai lanciato “La forchetta sull’Atlante”, ovvero il blog nel quale scrivi di cucina. Ho notato che, oltre ad indicare passo passo la preparazione di piatti sfiziosi, ti curi anche di immortalare la fase di preparazione. Il risultato, non c’è bisogno di dirlo, è eccellente ed ogni volta che leggo uno dei tuoi post mi viene una fame da lupo! Quale delle due passioni, tra fotografia e cucina, è servita da traino per l’altra nella realizzazione di questo progetto?
Il concetto di base è sempre lo stesso: trasmettere qualcosa con una fotografia.
Nel caso de “La Forchetta sull’Atlante“ cerco di creare delle foto che trasmettano la voglia di assaggiare il piatto e magari di provare a cucinarlo con le proprie mani.
La fotografia e la cucina sono due passioni che viaggiano su binari paralleli, dunque è difficile per me dire quale delle due prevale. Cucino da sempre e amo inventare piatti nuovi da far assaggiare agli amici (tu ne sai qualcosa…), ma ho sempre odiato i blog di cucina in cui le foto sono sciatte e spente.
Nelle fotografie metto la stessa cura che uso per la ricerca degli ingredienti e la preparazione del piatto. Devo ammettere che la cosa mi diverte parecchio, anche se è molto stancante.
Ho scoperto a mie spese che avere un foodblog porta via molto, ma molto tempo.
Bisogna pensare a cosa cucinare, trovare gli ingredienti giusti, provare la ricetta e modificarla fin quando i dosaggi non sono perfetti, pensando contemporaneamente all’aspetto fotografico. Allestire un set, pensare al contorno, alle luci e all’impiattamento! Insomma, un vero delirio! 😀
La cosa positiva è che il mio ragazzo non avrà mai due cene uguali!
Sto anche iniziando a fotografare piatti preparati da chef veri in veri ristoranti e credo che nei prossimi mesi ci saranno interessanti novità!
L’intervista è servita
Si conclude qui il nostro incontro con Daniela, la quale ci ha parlato di quello che è il suo rapporto con la fotografia e di come gestisce il suo lavoro di fotografa semiprofessionista.
Quello della fotografia è un mondo che si è conquistato sin da subito una posizione di rilievo all’interno dei social media ed ho ritenuto dunque fondamentale riportare su queste pagine il punto di vista di chi ha fatto di essa non solo una passione, ma anche il proprio mestiere.
Complimenti a Daniela, dunque, e in bocca al lupo con “La Forchetta sull’Atlante” !
Alla prossima intervista!
Immagine di copertina con foto di: Joe Oppedisano (2010), Marika Rizzo (2012), Flavio Mancinelli (2014)
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Interessante, come molti dei discorsi che girano sul mondo onirico della fotografia. Spesso non così onirico, secondo il mio pensiero.
Per quanto riguarda la discussione e nello specifico l'uso "abusato" della post produzione nel digitale, mi piace ricordare un esempio letto non ricordo dove, di un insegnante di disegno che ai propri alunni imponeva di stringere l'oggetto da ritrarre nella mano sinistra [nell'altra, nel caso di mancini], riscontrando così la miglioria del tratto, una pallina in origine. Questo per dire sommariamente che non è il photoshop o similare a compiere il piccolo miracolo della bella foto, quanto ciò che si stringe nella mano opposta a quella con cui si scatta. Tanto maggiore è il costrutto, così ne guadagnerà il tono del lavoro svolto, sia esso amatoriale o prosumer.. ridurre la cosa esclusivamente alla tecnica [necessario conoscerla però..] può divenire mortificante.
Grazie dell'ospitalità..
Buongiorno Guido,
intanto grazie per aver letto, apprezzato e commentato questa intervista!
Giro immediatamente la tua riflessione a Daniela Ceravolo 🙂
Buongiorno, scusate per il ritardo ma non mi era arrivata la notifica!
Trovo molto interessante e suggestivo l’esempio raccontato da Guido, avrei dovuto provare ai tempi delle superiori quando riuscivo, a malapena, disegnare una retta neanche tanto retta! 😛
A parte gli scherzi, sono convinta che alla base di una bella fotografia (e non è detto che le mie lo siano) ci debba sempre essere un misto di tecnica, costruzione dell’immagine, istinto e passione per quello che si sta facendo. Solo la tecnica non porterà (quasi) mai a nulla, idem il contrario.
Buongiorno, scusate per il ritardo ma non mi era arrivata la notifica!
Trovo molto interessante e suggestivo l'esempio raccontato da Guido, avrei dovuto provare ai tempi delle superiori quando riuscivo, a malapena, disegnare una retta neanche tanto retta! 😛
A parte gli scherzi, sono convinta che alla base di una bella fotografia (e non è detto che le mie lo siano) ci debba sempre essere un misto di tecnica, costruzione dell'immagine, istinto e passione per quello che si sta facendo. Solo la tecnica non porterà (quasi) mai a nulla, idem il contrario.
Rileggendo il commento volevo fare una precisazione. La foto bella è stereotipo spesso usato ad indicare un buon rapporto tra tecnoica, inquadratura e scelta del soggetto. La cosa ammesso possa risultare veritiera, rimane comunque a mio parere parziale visione. Una foto è una grande immagine quando trasmette qualcosa che forse, e ribadisco forse, neppure il fotografo [operator] aveva pre-visto o meglio, lo aveva solo immaginato in quell’istante “pre”, scevro da implicazioni tecnicistiche quali valori luce, diaframmi e quant’altro. Voglio dire semplicemente, la foto quando bella, non deve essere spiegata e al tempo, non deve spiegare nulla. Caso mai, suggerire..
Grazie.