La vita dentro e fuori dai Social: mostriamo la stessa persona?

Social Network e realtà: mostriamo la stessa persona?

Perché siamo sui Social?

Con i suoi 2.5 miliardi di utenti attivi, Facebook è il Social più utilizzato al mondo.

Vi siete mai chiesti, però, quali siano i fattori che contribuiscono a renderlo così attraente? E che uso ne fanno coloro che decidono di aprirsi ai Social e creare un proprio account? Lo utilizzano per svagarsi? Per coltivare rapporti professionali? O magari per dedicarsi a un mix più o meno equilibrato di entrambe le cose?

Se dovessi sommare le risposte ricevute in questi anni, direi che la più frequente è stata senza dubbio: “Io, su Facebook, condivido solo cazzate. Evidenziando, così, un uso della piattaforma assai poco impegnato, il quale mi spinge a pormi 3 domande:

  • La persone sbarcano sui Social appositamente per condividere cazzate?
  • Un utente che condivide solo cazzate va considerato un soggetto normale?
  • Quali sono i vantaggi dati dal condividere solo ed esclusivamente cazzate?

Se è vero che ognuno di noi vive la propria vita digitale come meglio crede, lo è altrettanto il fatto che l’approccio ai Social di un novello net citizen sia spesso molto diverso da quello di un veterano del Web. E  l’età anagrafica c’entra poco e niente.

Il Social per chi c’era da prima dei Social

Per me che sono online sin dai primordi, l’arrivo di Facebook & Co. ha rappresentato una doppia svolta: da un lato ha accorciato le distanze tra me e le persone che seguo; dall’altro, invece, mi ha permesso di esprimermi oltre i confini del blog.

I Social, quindi, hanno fatto sì che potessi entrare in contatto con individui che, se mi fossi limitato a condividere solo e soltanto cazzate, probabilmente non avrei mai conosciuto o, in modo più che comprensibile, non mi avrebbero mai dato credito.

Dato questo, faccio molta fatica a comprendere il motivo per cui molti sfruttino i Social solo per cazzeggiare. È così difficile capire che, agendo in questo modo, si rinuncia a una ghiotta e irripetibile occasione di dialogo, confronto e crescita?

E ancora, posto che buona parte delle relazioni corre ormai lungo il filo del telefono, condividendo solo cazzate non si rischia di essere scambiati per dei cazzoni?

D’altronde, coloro che ci osservano solo attraverso un monitor o il display dello smartphone non possono che basare la loro opinione su di noi su quanto hanno avuto modo di osservare, dai post pubblicati a quelli solo commentati.

Quindi perché correre un rischio del genere?

Se hai qualcosa da mostrare, mostralo!

Mettiamo il caso che una tipa mi invii una richiesta di amicizia e che io, una volta atterrato sul suo profilo, scopra che condivide solo cazzate (selfie, meme, citazioni, etc.). Tutto il giorno, tutti i giorni. Un’immane quantità di cazzate, una dopo l’altra.

Supponiamo, poi, che un giorno questa tipa mi inviti a bere qualcosa. Cosa dovrei risponderle, secondo voi? Sarò più propenso ad accettare o a declinare?

Come potrei immaginare che la ragazza in questione ha una gran testa e che, quindi, passare del tempo con lei potrebbe essere piacevole? Come dovrei arrivarci?

Ecco, quindi, che la scelta di sfruttare i Social solo per condividere cazzate si trasforma in un boomerang, portando alla perdita di interessanti occasioni.

Sui Social sei ciò che mostri di essere

Giunti alla fine di questa breve analisi sul rapporto tra immagine reale e immagine digitale, il mio consiglio è quello di mostrarsi per ciò che si è. Anche sui Social.

Non discuto il fatto che questo richieda una certa dose di cautela, ma se vogliamo sfruttare a pieno le possibilità offerte dalla Rete, allora penso sia decisamente più proficuo, nonché sano e onesto, comunicare in modo coerente e cristallino.

Grazie ai Social Media possiamo portare oltre i confini dello spazio e del tempo la nostra immagine e il nostro messaggio, aprendoci a possibilità di contatto e interazione del tutto inimmaginabili per coloro che ci hanno preceduto.

Vogliamo veramente gettare al vento questa occasione facendo i cazzoni? Secondo me no. Secondo me siamo molto più intelligenti di così. E possiamo dimostrarlo.

Alla prossima!


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Simone Bennati

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8 risposte

  1. Mary ha detto:

    Io sono una che non condivide molto e, quando lo faccio, raramente è qualcosa di molto personale.. Tuttavia non condivido neanche solo cazzate. Quindi mi hai fatto riflettere 🙂 Credo ci siano alcuni elementi da considerare che non sono stati menzionati.
    Tra gli amici di facebook abbiamo un po’ di tutto, dall’amico intimo, al cugino minorenne, a quello che non vediamo dal liceo, a un collega. Premettendo che ognuno ha il suo modo di rapportarsi alle persone e che in parte invidio la tua concezione “free”, personalmente nella vita “reale” tendo ad “adattarmi” a chi ho di fronte. Questo non significa che io non sia me stessa, ma decido quali lati di me enfatizzare e quali mettere da parte. Non posso fare una battuta a sfondo sessuale davanti a un dodicenne o magari mi è scomodo sbandierare la mia opinione politica davanti al collega. Certo, si possono creare le famose liste di amici, cosa che, soprattutto per pararmi il sedere sul lavoro, ho sempre fatto. Però già farlo per 4-5 contesti diventerebbe ingestibile.
    Un secondo punto è che si rischia di diventare pesanti. Abbiamo tutti l’amico poeta che scrive frasi filosofiche e strappalacrime, quello che si lamenta in continuazione del lavoro e della vita o quello che è alla disperata ricerca di approvazione, magari ottenendo anche 0 like. Lungi da noi voler dare la stressa impressione… E allora, invece di lamentarci o di indignarci, ci limitiamo al massimo a condividere una vignetta divertente che magari può avere un riferimento velato all’argomento, oppure andiamo a finire proprio sulle cazzate (che sono il modo più sicuro per ottenere like e approvazioni).
    Infine, c’è da considerare il fenomeno per il quale fb sta diventando una vetrina di momenti felici. Parlando con un’amica che fa l’assistente sociale mi ha detto: “Io spesso consiglio alle persone di limitare l’uso di facebook o di imparare ad interpretarlo per quello che è: fuorviante, perchè non rispecchia quasi mai tutta la realtà. Rivendendo una mia conoscente che non vedevo da anni, che avevo sempre invidiato per la sua vita apparentemente fantastica (perchè pubblicava foto sorridenti e status allegri) mi sono accorta di quanto ci si possa sbagliare. In realtà era a pezzi.” A tale proposito ti rimando a questo video: https://www.youtube.com/watch?v=QxVZYiJKl1Y
    Ovviamente anche questo fenomeno limita di molto l’espressione delle persone.

    Ecco, una cosa così prolissa e personale non te l’avrei mai scritta su fb, ma voglio fare un’eccezione qui per dare una chance al tuo spirito “free”. 🙂

  2. bennaker ha detto:

    Ciao Mary,
    sono contentissimo tu mi abbia scritto! Hai dovuto pazientare un bel po’, ma finalmente ho trovato il tempo e la lucidità necessaria per risponderti. Mi sono letto e riletto il tuo commento prima di buttare giù queste poche righe e, sperando di non averne frainteso i contenuti, provo a risponderti punto per punto.

    – Mi ha fatto molto riflettere il passaggio in cui dici, in riferimento all’adattarsi a chi si ha di fronte, “Questo non significa che io non sia me stessa, ma decido quali lati di me enfatizzare e quali mettere da parte.” Ecco, se dicessi che questa è una cosa che io non faccio, sarei un bugiardo. Ho deciso, però, ormai da tempo, di liberarmi di tutte quelle persone con le quali non potrei permettermi di essere così come sono. Tanto online, quanto dal vivo. Per quanto mi riguarda, una volta analizzata la mia situazione, ho capito che quell’adattarsi mi stava logorando e che avevo il sacrosanto diritto, almeno all’interno del tempo e dello spazio dedicati al “godersi la vita”, di non sentirmi prigioniero di nulla e di nessuno. Diciamo che il processo è stato questo: in primis capire chi mi è amico e chi no (anche se l’errore è sempre dietro l’angolo, me ne rendo perfettamente conto) e poi procedere col chiudere fuori dalla mia “casa” gli ospiti non graditi. E questo è quello che faccio ogni giorno, non senza lunghi momenti di ponderazione e discussione. Diciamo che ho applicato alla lettera quello che dice Facebook in merito ai contatti: li chiama “Amici”. E quindi che amici siano. Tutti gli altri li tengo lo stesso, ma fuori dalla mia “comfort zone” e dunque fuori anche da Facebook. Non è astio, è che, semplicemente, non siamo amici e io non ho desidero di fingere che lo siamo 🙂

    – Mi citi il fatto di condividere vignette contenenti velati riferimenti ad argomenti che, in quel momento, catturano la nostra attenzione, ma che comunque non vogliamo affrontare in modo diretto, magari lamentandoci o indignandoci, come invece sembrerebbe molti facciano. Dal mio punto di vista, la lamentela e l’indignazione sono due espressioni di uno stesso desidero: il voler esprimere un disagio. Lo stesso di può fare con una vignetta, in modo tale, come tu stessa dici, da suscitare anche l’interesse e l’ilarità di chi ci osserva. Una domanda, però, mi sovviene: perché fare le cose in modo “soft” quando nessuno ci vieta di farle in modo “hard” ? Non è forse il nostro profilo? Non è forse il nostro spazio? Quello che ho avuto modo di osservare, prima in me e poi negli altri, è che a frenarci non è il contesto “social”, ma più che altro la paura delle conseguenze di quello che potremmo dire. E così torniamo al discorso della prima questione: perché ci costringiamo a sentirci prigionieri in quella che è la nostra casa virtuale? Perché tendiamo a formalizzare il rapporto e intensificare il contatto con persone che, nella migliore delle ipotesi, ci lasciano totalmente indifferenti?

    – E’ vero: Facebook va preso con le molle. La nostra vita, per fortuna, non si riduce a quello che condividiamo. L’episodio della tua amica, però, dimostra come sia facile fraintendere e quanto sia vero che, bene o male, una idea dell’altro, a forza di osservarne l’attività sui social network, comunque ce la si fa. In America, ad esempio, le aziende che cercano personale vanno a cercare i profili social di chi si candida e questo proprio per farsi un’idea sulla persona. Per quanto inquietante questo possa sembrare, è la realtà delle cose: le considerazioni nascono dall’osservazione. Magari poi si rivelano del tutto sbagliate, ma comunque nascono e talvolta il legittimo proprietario potrebbe avere una grossa influenza sulla nostra esistenza. Tanto in positivo, quanto in negativo. Forse è il caso che cominciamo a tenere in seria considerazione questo fattore e agire sui social in modo cauto, in termini di spettatori, ma eterogeneo in termini di contenuti. Quel tanto che basta per non farci apparire solo come un cazzone, un piagnone o uno sempre incazzato, ma come una persona, completa di tutte le sue sfaccettature e dei suoi stati d’animo.

    – Il video è meraviglioso. Mi ha dato modo di ridere e di riflettere come pochi altri prima di lui. Grazie per avermelo girato <3

    Un abbraccio!

  3. Simone Bennati ha detto:

    Ho sostituito i commenti standard di WordPress con quelli di Disqus. Questo cambio, ahimè, ha fatto si che perdessi i commenti precedentemente scritti su questo posto. Tra tutti, ho voluto salvarne uno, quello di Mary, che qui riporto:

    Io sono una che non condivide molto e, quando lo
    faccio, raramente è qualcosa di molto personale.. Tuttavia non condivido
    neanche solo cazzate. Quindi mi hai fatto riflettere
    Credo ci siano alcuni elementi da considerare che non sono stati
    menzionati.
    Tra gli amici di facebook abbiamo un po’ di tutto, dall’amico intimo, al
    cugino minorenne, a quello che non vediamo dal liceo, a un collega.
    Premettendo che ognuno ha il suo modo di rapportarsi alle persone e che
    in parte invidio la tua concezione “free”, personalmente nella vita
    “reale” tendo ad “adattarmi” a chi ho di fronte. Questo non significa
    che io non sia me stessa, ma decido quali lati di me enfatizzare e quali
    mettere da parte. Non posso fare una battuta a sfondo sessuale davanti a
    un dodicenne o magari mi è scomodo sbandierare la mia opinione politica
    davanti al collega. Certo, si possono creare le famose liste di amici,
    cosa che, soprattutto per pararmi il sedere sul lavoro, ho sempre fatto.
    Però già farlo per 4-5 contesti diventerebbe ingestibile.
    Un secondo punto è che si rischia di diventare pesanti. Abbiamo tutti
    l’amico poeta che scrive frasi filosofiche e strappalacrime, quello che
    si lamenta in continuazione del lavoro e della vita o quello che è alla
    disperata ricerca di approvazione, magari ottenendo anche 0 like. Lungi
    da noi voler dare la stressa impressione… E allora, invece di lamentarci
    o di indignarci, ci limitiamo al massimo a condividere una vignetta
    divertente che magari può avere un riferimento velato all’argomento,
    oppure andiamo a finire proprio sulle cazzate (che sono il modo più
    sicuro per ottenere like e approvazioni).
    Infine, c’è da considerare il fenomeno per il quale fb sta diventando
    una vetrina di momenti felici. Parlando con un’amica che fa l’assistente
    sociale mi ha detto: “Io spesso consiglio alle persone di limitare
    l’uso di facebook o di imparare ad interpretarlo per quello che è:
    fuorviante, perchè non rispecchia quasi mai tutta la realtà. Rivendendo
    una mia conoscente che non vedevo da anni, che avevo sempre invidiato
    per la sua vita apparentemente fantastica (perchè pubblicava foto
    sorridenti e status allegri) mi sono accorta di quanto ci si possa
    sbagliare. In realtà era a pezzi.” A tale proposito ti rimando a questo
    video: https://www.youtube.com/watch?v=QxVZYiJKl1Y
    Ovviamente anche questo fenomeno limita di molto l’espressione delle
    persone.
    Ecco, una cosa così prolissa e personale non te l’avrei mai scritta su
    fb, ma voglio fare un’eccezione qui per dare una chance al tuo spirito
    “free”.

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao Mary,
      sono contentissimo tu mi abbia scritto! Hai dovuto pazientare un bel
      po’, ma finalmente ho trovato il tempo e la lucidità necessaria per
      risponderti. Mi sono letto e riletto il tuo commento prima di buttare
      giù queste poche righe e, sperando di non averne frainteso i contenuti,
      provo a risponderti punto per punto.

      – Mi ha fatto molto riflettere il passaggio in cui dici, in riferimento
      all’adattarsi a chi si ha di fronte, “Questo non significa che io non
      sia me stessa, ma decido quali lati di me enfatizzare e quali mettere da
      parte.” Ecco, se dicessi che questa è una cosa che io non faccio, sarei
      un bugiardo. Ho deciso, però, ormai da tempo, di liberarmi di tutte
      quelle persone con le quali non potrei permettermi di essere così come
      sono. Tanto online, quanto dal vivo. Per quanto mi riguarda, una volta
      analizzata la mia situazione, ho capito che quell’adattarsi mi stava
      logorando e che avevo il sacrosanto diritto, almeno all’interno del
      tempo e dello spazio dedicati al “godersi la vita”, di non sentirmi
      prigioniero di nulla e di nessuno. Diciamo che il processo è stato
      questo: in primis capire chi mi è amico e chi no (anche se l’errore è
      sempre dietro l’angolo, me ne rendo perfettamente conto) e poi procedere
      col chiudere fuori dalla mia “casa” gli ospiti non graditi. E questo è
      quello che faccio ogni giorno, non senza lunghi momenti di ponderazione e
      discussione. Diciamo che ho applicato alla lettera quello che dice
      Facebook in merito ai contatti: li chiama “Amici”. E quindi che amici
      siano. Tutti gli altri li tengo lo stesso, ma fuori dalla mia “comfort
      zone” e dunque fuori anche da Facebook. Non è astio, è che,
      semplicemente, non siamo amici e io non ho desidero di fingere che lo
      siamo

      – Mi citi il fatto di condividere vignette contenenti velati riferimenti
      ad argomenti che, in quel momento, catturano la nostra attenzione, ma
      che comunque non vogliamo affrontare in modo diretto, magari
      lamentandoci o indignandoci, come invece sembrerebbe molti facciano. Dal
      mio punto di vista, la lamentela e l’indignazione sono due espressioni
      di uno stesso desidero: il voler esprimere un disagio. Lo stesso di può
      fare con una vignetta, in modo tale, come tu stessa dici, da suscitare
      anche l’interesse e l’ilarità di chi ci osserva. Una domanda, però, mi
      sovviene: perché fare le cose in modo “soft” quando nessuno ci vieta di
      farle in modo “hard” ? Non è forse il nostro profilo? Non è forse il
      nostro spazio? Quello che ho avuto modo di osservare, prima in me e poi
      negli altri, è che a frenarci non è il contesto “social”, ma più che
      altro la paura delle conseguenze di quello che potremmo dire. E così
      torniamo al discorso della prima questione: perché ci costringiamo a
      sentirci prigionieri in quella che è la nostra casa virtuale? Perché
      tendiamo a formalizzare il rapporto e intensificare il contatto con
      persone che, nella migliore delle ipotesi, ci lasciano totalmente
      indifferenti?

      – E’ vero: Facebook va preso con le molle. La nostra vita, per fortuna,
      non si riduce a quello che condividiamo. L’episodio della tua amica,
      però, dimostra come sia facile fraintendere e quanto sia vero che, bene o
      male, una idea dell’altro, a forza di osservarne l’attività sui social
      network, comunque ce la si fa. In America, ad esempio, le aziende che
      cercano personale vanno a cercare i profili social di chi si candida e
      questo proprio per farsi un’idea sulla persona. Per quanto inquietante
      questo possa sembrare, è la realtà delle cose: le considerazioni nascono
      dall’osservazione. Magari poi si rivelano del tutto sbagliate, ma
      comunque nascono e talvolta il legittimo proprietario potrebbe avere una
      grossa influenza sulla nostra esistenza. Tanto in positivo, quanto in
      negativo. Forse è il caso che cominciamo a tenere in seria
      considerazione questo fattore e agire sui social in modo cauto, in
      termini di spettatori, ma eterogeneo in termini di contenuti. Quel tanto
      che basta per non farci apparire solo come un cazzone, un piagnone o
      uno sempre incazzato, ma come una persona, completa di tutte le sue
      sfaccettature e dei suoi stati d’animo.

      – Il video è meraviglioso. Mi ha dato modo di ridere e di riflettere
      come pochi altri prima di lui. Grazie per avermelo girato .

      Un abbraccio!

  4. Evening Star ha detto:

    Ciao Simone,
    hai proprio ragione, mettersi in gioco ci arricchisce e ne vale sempre la pena.

  5. Enigmamma ha detto:

    Interessante… a me inquietano molto i profili criptici, cioè in cui si nota che la persona c è, ma esterna poco. Poi per la ragazza, e il drink…ci sarebbe tanto da dire anche su quanto possa essere facile farsi molto migliori di ciò che si è. Da quando ho aperto il blog, sento molto di più tutti questi temi, forse perché sono completamente esposta? Chi si espone di più, ci rimugina di piu? ….

    • Simone Bennati ha detto:

      Ciao @enigmamma:disqus,
      belle la domanda che ti poni al termine del tuo commento, ma credo che sarebbe impossibile dare una risposta che rispecchi la realtà. Ognuno fa a modo suo, come accade per un po’ tutte le cose, e va tenuto conto, secondo me, anche del fatto che “tanta esposizione” può tranquillamente non coincidere con “tanto rimuginamento”. Magari l’esposizione è fine a se stessa oppure totalmente artificiosa, costruita, “studiata a tavolino” per ottenere risultati X. Non possiamo saperlo, né credo mai lo sapremo 🙂

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