Roba da Twitter: Il fenomeno dei retweet “ad personam”
Faccio cose, osservo gente
Come ormai saprete, lo studio delle dinamiche che regolano i rapporti tra gli utenti all’interno dei social network è un qualcosa che mi appassiona da sempre e, tra tutte, la piattaforma sulla quale concentro maggiormente la mia attenzione è senza ombra di dubbio Twitter.
Vuoi per il fatto che su Twitter non c’è bisogno di essere “amici” per entrare in contatto con qualcuno o vuoi perché, come ho già sostenuto in passato, su Twitter sono gli argomenti a fare da collante tra gli utenti, la piattaforma made in San Francisco è in assoluto quella che fornisce i dati più interessanti in merito al comportamento dei suoi utenti.
Tra i fenomeni che ho potuto osservare e che ho trattato in passato, vi ricordo, ad esempio, quello dei cosiddetti “accolli“ su Twitter e quello della promozione molesta attraverso i DM.
Ciò che voglio fare in questo post è illustrarvi l’ennesimo comportamento da me registrato e che, stando a quanto ho potuto vedere, caratterizza l’attività su Twitter di una larga fetta di utenti. Un fenomeno che, come da titolo, ho ribattezzato “retweet ad personam”.
Vi spiego di cosa si tratta…
Se lo condivide lui, allora lo condivido anche io!
Quelli che di voi mi seguono su Twitter avranno sicuramente notato che parte della mia attività all’interno della piattaforma consiste nel condividere contenuti realizzati da me o da altri.
Condivisione dopo condivisione, ciò che ho avuto modo di notare è che:
alcuni utenti, in modo del tutto sistematico e continuativo, non condividono nulla che non sia stato prima condiviso da specifici altri.
Mi rendo conto che il fenomeno così sintetizzato potrebbe risultare poco chiaro, proviamo dunque a fare un esercizio di fantasia ed immaginiamo una situazione di questo tipo:
Mario è un appassionato di fotografia e su Twitter, tra i tanti, segue sia Giovanni, un fotografo poco noto, che Alberto, un altro fotografo, il quale però gode di un largo seguito.
Sia Giovanni che Alberto utilizzano la piattaforma per condividere i loro scatti, coltivando l’ovvia speranza che vengano notati e che questo porti loro una crescente visibilità.
Quando Giovanni (il fotografo sfigato) condivide su Twitter le sue foto, Mario non se le caga, ma se invece Alberto (il fotografo figo) condivide uno degli scatti di Giovanni, ecco che un attimo dopo arriva anche il retweet di Mario.
Il principio che spinge Mario ad agire su Twitter sembra dunque essere:
“Se lo condivide lui (Alberto), allora lo condivido anche io!”
Un atteggiamento emulativo che, non lo nascondo, mi lascia piuttosto perplesso.
La domanda nasce spontanea…
Alla luce di quanto detto, ovvero pensando all’atteggiamento di Mario su Twitter, mi domando:
- Se Mario condivide solo e soltanto ciò che è stato prima condiviso da Alberto, che motivo ha di seguire altri utenti (Giovanni compreso)? Non si tratta forse di un follow inutile?
- Possiamo affermare con assoluta certezza che quello di Mario sia puro e semplice spirito di emulazione? Chi ci assicura che il suo comportamento non sia invece figlio di un accordo precedentemente stipulato con Alberto?
- Quanto possiamo considerare affidabile Mario? Siamo proprio sicuri che egli si prenda quantomeno la briga di visionare ciò che condivide Alberto prima di ricondividerlo?
A queste domande, che mi auguro vi facciano riflettere su quali e quanti risvolti possono nascondersi dietro ad una attività semplice come la condivisione di un contenuto, voglio aggiungerne giusto un altro paio…
Nel mio esempio abbiamo parlato del rapporto tra Mario ed Alberto, descrivendo una situazione in cui il primo ricalca i passi del secondo, ma cosa accadrebbe se, invece di un solo Alberto, Mario facesse lo stesso con più di un Alberto?
E cosa, invece, se un Alberto godesse della “collaborazione“ di più di un Mario?
Ve lo dico io cosa succederebbe:
ci troveremmo di fronte ad un panorama falsato, in cui la visibilità del singolo non è dovuta alla qualità e alla quantità di ciò che egli riporta all’interno della piattaforma, sia essa Twitter o altro social network, ma all’uso intensivo di collaborazioni più o meno trasparenti.
Una realtà che, pensandoci, forse non è poi così lontana da quella attuale.
Prima di retwittare, pensa
Tutto questo intricato sistema di Mario e di Alberto per dire cosa?
Semplicemente per dire che:
ogni volta che vi trovate davanti a qualcosa che sta andando forte su Twitter o su qualsiasi altro social network, premuratevi di andarne a verificare personalmente la qualità, affidandovi esclusivamente al vostro senso critico.
Parlare di qualità dei contenuti in relazione all’engagement generato, ovvero al numero di interazioni totalizzate, è oggi più che mai un errore, così come lo è fidarsi ciecamente di chi quel contenuto lo diffonde, ricondividendolo a propria volta senza averne prima fruito personalmente.
Ricordatevi di questo nel momento in cui Twitter deciderà di modificare il suo algoritmo, il quale, stando alle voci di corridoio, favorirà la visibilità dei contenuti con un maggior numero di interazioni. Se mai dovesse arrivare quel giorno e noi utenti non saremo lì a farci garanti della qualità dei contenuti che circolano all’interno della piattaforma, Twitter diventerà, in buona sostanza, il fratello povero di Facebook, ovvero un nuovo Regno della fuffa.
È questo ciò che volete? Spero di no.
Alla prossima!
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